venerdì 21 giugno 2019 7 vostri commenti

Sale vissute


Non ricordo con precisione il primo film visto al cinema. Mia madre dice che più di una volta da piccolo li ho costretti ad uscire dalla sala.
L'odore delle sale di una volta però è indimenticabile, la luce del proiettore e le teste di quelli che si alzavano per andare in bagno catapultate direttamente sul telone bianco, un profumo  misto di pellicola e sigarette,  perché nonostante il divieto  qualcuno continuava inesorabile la sfida al pericolo. 
Sale di una volta. Come quelle a Parigi, il Brady, denominato "cinema dei dannati", che proiettava film di serie b e di serie z, capolavori probabilmente ora introvabili. Aveva una particolarità, era utilizzato dai clochard come albergo. Per paura delle aggressioni molti di loro di notte non dormivano, quindi durante il giorno utilizzavano la sala del Brady come hotel con tanto di accompagnamento video. 
Dentro si poteva trovare di tutto, dagli intenditori di pellicole introvabili ai reietti della società, ma tutto filava liscio, tranne quando la pellicola si inceppava, perché anche se non si entrava per guardare il film si pretendeva il meglio, anche russando. 
Genova era la città dei cinema, ne ricordo parecchi e ora quando passo davanti alle vetrine che hanno sostituito l'ingresso dell'Orfeo, del'Augustus o dell'Olimpia scuoto la testa per ciò che abbiamo perduto. Come dimenticare poi le panche del cinema parrocchiale con il prete che girava con la torcia per controllare movimenti sospetti. 
Sostituiti dalle multisale così impersonali, così standard e perfette. 
Ora non c'è nemmeno più il gusto di sperare di non incontrare uno alto nel posto davanti, per non parlare del fatto che una volta entravi a film iniziato, rimanendo poi dentro per lo spettacolo successivo per recuperare le battute iniziali oppure per rivedere la scena migliore del film.
Il cinema si viveva.
Di cinema si viveva.



giovedì 13 giugno 2019 7 vostri commenti

Senza perdere il segno

La mia passione per i libri credo la conosciate già. Ciò che non sapete sicuramente è che lo spazio in casa ahimè sta per finire al punto che sono stato gentilmente invitato ad evitare acquisti o a traslocare nel box. Una sorta di biblioteca di quartiere all'umido. 
Mi capita spesso di notte di guardare le librerie, prendere qualche libro al volo per leggere o rileggere qualche capitolo o paragrafo. Una cosa che amo, che  riconcilia e  fa ritrovare la quiete dopo una giornata frenetica. 
Così mi ritrovo a incontrare vecchi personaggi mai persi grazie ai segnalibri lasciati in mezzo alle pagine, segni di una lettura messa in pausa in quel momento, magari per noia, o solo perché ogni libro ha il suo periodo adatto.
Nella penombra della sala succede quindi di sorridere per i tanti scontrini degli anni passati usati come segno, quelli di acquisti rimossi, formazioni di squadre ormai inesistenti, per non parlare dei foglietti con appunti presi per non essere poi mai riletti. 
Testimoni di un periodo della nostra vita in cui semplicemente avevamo voglia di leggere quel libro, amici in formato cartaceo che ci tengono il posto, come all'asilo quando si metteva la mano sulla sedia per riservarla all'amico del cuore.  
Potessero parlare i nostri segnalibri forse ci potrebbero raccontare come eravamo in quegli anni, perché non siamo andati avanti nelle pagine oppure chiederci il motivo di un acquisto senza senso. 
Forse meglio non interrogarli mai.
venerdì 7 giugno 2019 6 vostri commenti

Piccoli passi



"Ma son questi
predestinati a compiere un tal fatto
di cui il passato è il prologo e il futuro
sta nelle vostre mani e nelle mie."
La Tempesta - W. Shakespeare



Non è facile tenere sotto controllo il proprio pensiero. In alcuni momenti della giornata è molto probabile trovarsi di fronte ad un flash di tanti anni fa, una situazione o un episodio che tornano alla mente, dando inizio in alcuni casi ad interrogazioni rispetto al non detto o al non fatto. 
Oppure semplicemente tra noi e il prossimo passo in una frazione di secondo si possono innalzare montagne a prima vista insormontabili.
Forse davvero dovremmo cercare di stare nel qui ed ora, goderci solo il presente e pensare all'attimo subito dopo. 
A parole credo sia sempre facile dirlo, o forse no, possono anche essere rari i momenti in cui si è onesti con sé stessi. La pratica poi si scontra con le quotidiane tempeste o i raggi del sole che schiariscono le giornate. 
Avevo un amico che amava la Montagna, col quale purtroppo non ho mai avuto il piacere di andarci,   condividevamo anche il piacere della lettura e l'amore per i libri. Gli piacevano le cose semplici e quotidiane della vita, il favoloso gusto del passo dopo passo. 
Il prologo una volta passato effettivamente andrebbe lasciato li, così come le pagine seguenti sfogliate una ad una.


giovedì 6 giugno 2019 11 vostri commenti

Più favole per tutti

Il momento più bello della mia giornata è quando mi corico vicino a mia figlia per leggere una favola. 
Tutto il resto sparisce in pochi attimi ed insieme siamo catapultati in un'altra realtà. 
Prima di iniziare a leggere a volte le si riesce ad estorcere qualcosa sulla giornata passata, gli incontri all'asilo, frasi dette o ascoltate. Una sorta di momento della verità, solo quando vuole lei logicamente. 
Subito dopo con lo sfogliare delle pagine attraversiamo assieme il mondo di Frozen, per arrivare a quello dell'Elefantina che fa un viaggio per addormentarsi, passando per le favole africane, cimentandosi nelle avventure dei poveri folletti o dei draghi buoni. 
Spesso in quei momenti cerco di ricordare come ero io in quegli attimi, ma ero troppo piccolo e la memoria purtroppo non arriva così indietro. Ricordo però, o forse credo di ricordare, il momento del "rimboccare le coperte". La sicurezza che dava quel gesto, il calore e l'emozione. Le chiacchiere con mio fratello nel letto di fronte. 
Mi capita spesso subito dopo la favola di guardare mia figlia dormire, la sua espressione di pace e tranquillità. Una sorta di calmante naturale da portarsi dietro e da guardare per guarire dalla frenesia quotidiana. 
Forse abbiamo solo bisogno di favole e di qualcuno che ancora ci rimbocchi le coperte. 

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