La paternità offre la possibilità di pensare a molte cose, attente riflessioni sulla vita e su ciò che ci circonda. Mi capita spesso di fermarmi a guardare mia figlia mentre prova a fare improbabili piroette o coreografie che nemmeno Brian e Garrison avrebbero potuto creare. Movimenti che riconciliano con tutto, riuscendo a far dimenticare i momenti di tensione della giornata, i pensieri immagazzinati dal cervello in continuo movimento e anche la cervicale.
Il momento della favola è davvero quel rito tanto descritto da chi ci è già passato, con la differenza che non si tratta di un solo racconto, ma nemmeno di due, una sorta di richiesta di lettura all'infinito per rimandare il momento della nanna, che comunque poi arriva.
Proprio in quell'attimo in cui mi capita spesso di prenderla in braccio, magari al buio, stretta a me a volte mi tornano in mente immagini come questa, mamme in fuga con i proprio figli, trascinati senza scarpe per evitare lacrimogeni o cose peggiori, padri con in braccio il proprio figlio stretto al corpo. In quel momento la stanchezza della giornata e i dolori alla schiena sembrano sciocchezze di fronte a persone che camminano chilometri e non possono permettersi di mettere giù il proprio figlio, rendendomi ancora di più conto della fortuna di vivere nel punto geografico fortunato.
Se mai quel punto dovesse diventare pericoloso spererei di incontrare porte aperte non muri.
Allora la stringo ancora di più.