lunedì 27 febbraio 2017 22 vostri commenti

Fermi

La morte di una persona, la scelta di morire non dovrebbe essere una questione da social network, ma un fatto privato, una decisione privata, una scelta appunto fatta nell'ambito di una legge dello Stato che dovrebbe aiutare invece di aggiungere ulteriori difficolta.
Invece come sempre qui tutto si fermerà a qualche polemica sui Facebook, con tanto di fazioni schierate e ancora una volta passerà tutto dopo pochi mesi. Qui dove esiste una legge che giace in parlamento da tre anni tra pochi giorni questa notizia sarà ancora dimenticata lasciando spazio all'argomento di turno. Questi dovrebbero essere temi da movimento di piazza, ora rientrano purtroppo nelle discussioni da commento sul web, qualche mi piace buttato qua e là e poi il silenzio. Abbiamo messo da parte la partecipazione, che costa fatica e impegno. 
Il nostro è un paese fermo per tali questioni ancora bloccato da una presenza della chiesa cattolica e da un retaggio che influisce sulla maggior parte dei politici e non solo. E' una lotta infinita quella da fare contro chi vuole vietare tutto. Ora il pensiero va a quella famiglia che oggi ha dato addio al proprio caro, dovendo superare anche questa difficoltà.
giovedì 23 febbraio 2017 22 vostri commenti

Tracce


E' ancora con noi il mangiadischi. 
Sopravvissuto a tre generazioni di vandali in formato mignon. Utilizzato da mio fratello e me, poi dai nostri cugini piccoli, dai suoi figli e molto probabilmente tra poco da mia figlia.
Quando la parola streaming non era nemmeno nei lontani nostri pensieri, ed uno dei giochi più gettonati era quello del disc jockey.
Magari mi sbaglierò ma gli oggetti sembravano avere una personalità una volta, a partire dai nomi. Senza nessuna sigla 2.0, nessuna versione, né aggiornamento ma tanto di nome e cognome. Mangia Dischi.
Il resto è tutta una storia di pressione sul tasto Espelli, testimone delle impronte digitale di innumerevoli generazioni.
martedì 21 febbraio 2017 25 vostri commenti

Ecce Pd


"No, veramente, non mi va. Ho anche un mezzo appuntamento al bar con gli altri. Senti, ma che tipo di festa è? Non è che alle dieci state tutti a ballare i girotondi e io sto buttato in un angolo, no? Ah no, se si balla non vengo. No, allora non vengo. Che dici, vengo? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Vengo. Vengo e mi metto, così, vicino a una finestra, di profilo, in controluce. Voi mi fate: "Michele vieni di là con noi, dai", e io: "andate, andate, vi raggiungo dopo". Vengo, ci vediamo là. No, non mi va, non vengo. Eh no, sì. Ciao, arrivederci. Buonasera."

Non dedico molto tempo alle vicende del Pd, ma quello che sta succedendo nella direzione di casa Renzi ha qualcosa di cinematografico, di teatrale. Con personaggi caratteristici che lasciano intendere di voler fare le valigie per poi ripensarci all'ultimo minuto  quasi sul pianerottolo di casa. 
Non si scherza in questi casi, trattasi di alta politica. 
Manca solo la finestra e un po' di penombra poi la scena potrebbe essere la stessa, basta sostituire Michele Apicella con uno dei presenti a caso.
lunedì 20 febbraio 2017 26 vostri commenti

Aria

Mi capita spesso di riflettere sul tempo. Quello andato, vissuto, che ha lasciato in noi parecchie tracce e anche quello che vivendo diventa futuro.
Il tempo, probabilmente, è uno dei beni più preziosi in circolazione. Sono convinto che il nostro stato d'animo dipenda molto da come impieghiamo le ore, con chi stiamo, cosa facciamo e se lo vogliamo fare.
Spesso ci pensano i muscoli, irrigidendosi, a farci capire  che stiamo facendo qualcosa "per forza". Però molte volte non ci sono molte vie di fuga.
Pensate ad esempio a quante ore state con le persone alle quali volete bene, quanti sono i minuti in cui sorridete e invece quanti quelli in cui tutte le rughe della faccia comunicano uno stato d'animo stressato, nervoso o arrabbiato.
Al di là delle ore che passiamo a dormire che ci servono per poter affrontare la giornata, durante la settimana il resto va tutto nel lavoro e nella frenesia della quotidianità. Ormai la tendenza è quella di andare oltre. Sui posti di lavoro le settimane lavorative per tanti sono già a 40 ore e chi ne fa 36 presto dovrà aggiungerne. Per non parlare degli straordinari richiesti, oppure chi un orario non ce l'ha nemmeno.
Ieri passeggiando con mia figlia sotto il sole di febbraio, che spesso Genova ci regala, ho avuto la conferma di tutto ciò. La vita è altrove come dice Rimbaud, ma questa società continua a non capirlo, l'uomo stesso continua a non capirlo oramai assuefatto dai meccanismi oliati della produttività, da falsi obiettivi che vengono sventagliati davanti agli occhi.
Gli attimi in cui possiamo davvero essere ciò che sentiamo sono sempre meno, diventano respiri profondi che ci salvano da lunghi periodi di apnea.
A testa in su verso la boccata d'aria.
martedì 7 febbraio 2017 21 vostri commenti

Puzzle

Ci sono giornate, attimi, fatti che succedono, canzoni che ascoltiamo o persone che di sfuggita incontriamo che ci riportano al tempo che è passato.
Non fare il militare mi ha cambiato la vita, ma non solo quello. Fare l’università, ad esempio, il primo incontro con due occhi belli che ancora adesso guardo quando si svegliano.
Ma cosa non ci ha cambiato la vita? Ogni secondo in cui facciamo un passo andiamo a mettere un tassello nuovo nel nostro puzzle. A volte ci può piacere, altre invece vorremmo portarlo indietro e cambiarlo ma non si può, al massimo si può solamente continuare con un altro puzzle o  cercare di sistemare l’altro.
Nella vita non ci sono resi.
Niente scontrini o termini di recesso.
lunedì 6 febbraio 2017 21 vostri commenti

Una nube grigia chiamata paura

Magari hanno ragione quelli che in questo momento nei loro post e nei loro commenti esortano ad occuparci della nostra politica, dei nostri problemi.
Invece io credo che ciò che sta succedendo negli Usa interessi tutti e  sia profondamente inquietante soprattutto per il largo consenso dei provvedimenti attuati da Trump.
Democrazia? Certo democrazia, non ci sono dubbi. Sono i difetti, se vogliamo chiamarli così, di questo sistema che da la possibilità di salire al potere anche a chi poi la rinnega. Basta leggere la storia per capire che spesso le dittature si sono vestite come democrazie per poi spogliarsi di quei vestiti una volta al potere.
Dagli Stati Uniti arrivano notizie, non tutte, inquietanti. Vi invito a seguire il blog dell'amica Silvia Pareschi  che sta facendo un lavoro importantissimo dandoci la possibilità di seguire direttamente dagli States ciò che sta succedendo.
Oggi leggo di una ragazza italiana libera professionista bloccata alla dogana per ore solo per un timbro della Libia sul passaporto, costretta poi a pagare quasi 3 mila dollari per il tempo che la polizia ha dedicato ai controlli. Una nube grigia chiamata paura sta avvelenando la vita delle persone, al punto di non voler dire il cognome per paura di ritorsioni.
Decidete voi se tutto ciò non interessa anche noi. 
Il vento che soffia da parecchio tempo ormai anche in Europa è quello della paura del diverso, del disprezzo, del voler alzare muri e del non accogliere chiudendosi in casa.
Non possiamo chiudere la porta anche noi.

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