lunedì 29 aprile 2019 14 vostri commenti

Capelli al vento


Francamente non ricordo se si trattava di "sintesi della tecnica esclusiva", mi ricordo però che ne andavo fiero. Il mio primo motorino, comprato usato, per 800mila lire, grazie anche ad una vincita al lotto. Avevo sognato le percentuali di voto alle elezioni, probabilmente avevo mangiato pesante.  Cinquantino color nero, con sopra il parafango anteriore dipinto il Che. 
Il mio primo approccio però con un motorino è stato su quello di una mia compagna di classe. Dovevamo andare tutti insieme con la compagnia su a Forte dei Ratti prendendo una stradina molto ripida. La prima volta alla guida. Chissà probabilmente è il mio destino visto che anche la prima volta al volante è avvenuta in un contesto di difficoltà 10, ovvero con le doglie come musica di sottofondo. 
Tornando indietro a quella prima corsa, ricordo di aver guidato bene ma di aver concluso il tragitto dentro una pozzanghera proprio davanti al forte. Una sorta di atterraggio di emergenza. 
Del mio primo Si invece ricordo le partenze con la pedalata, oppure quelle in discesa con tanto di scatto per la messa in moto. Per non parlare delle giornate d'estate con in capelli al vento, ora sarei fermo ogni momento a togliermi gli insetti dagli occhi. 
Magari quando si è giovani i moscerini ti evitano, chi lo sa.

giovedì 25 aprile 2019 9 vostri commenti

Resistere!


In qualche maniera 
non sarai mai sola 
a cercare e difendere 
la libertà.

Buon 25 aprile a tutti!!!
martedì 16 aprile 2019 7 vostri commenti

Post ragione

Cosa siamo diventati? E' davvero colpa dei social o siamo sempre stati così aridi e colmi di odio, vendetta, superficialità, banalità del male. 
Le immagini di Notre Dame che brucia sono ancora nella mente, ognuno credo abbiamo un suo ricordo legato a Parigi. Ricordo che il primo approccio con quella magica città nel 1994 fu proprio davanti alla cattedrale. Colazione con croissant e una mazzata di 9 franchi. Poi la sua presenza imponente per tutto il resto del viaggio. 
Un simbolo religioso ma anche laico, è di proprietà dello Stato,  testimone della storia francese e non solo. Distrutta ora in parte per l'incuria dell'uomo che troppo spesso sottovaluta l'importanza della sicurezza e della manutenzione. 
Le immagini del ponte Morandi rimarranno per anni nella mente di noi genovesi, episodi che ci fanno capire quanto possa essere fragile la nostra esistenza e la nostra eredità storica, soprattutto se lasciata in balia del passare degli anni e dell'incuria dell'uomo stesso. 
Non si sono fatti attendere come al solito i fenomeni da social capitanati dall'uomo del momento, il nostro ministro dell'Interno che in pochi minuti passa dal dichiarare la piena solidarietà del nostro paese ad un post sul grande Fratello. Nulla di nuovo, sia chiaro, un comportamento perfettamente in linea col personaggio. Così come non sono una novità nemmeno i commenti dei suoi sostenitori. 
Ho appena finito di discutere con una persona che mi ha ricordato di non aver visto "Macron chiudere la televisione dopo il crollo del Ponte Morandi". 
Ecco. Siamo arrivati al punto che non si prende come esempio un comportamento corretto ma piuttosto si tende ad iscriversi ad una gara al peggio. In questo momento molti fanno riferimento alla famosa vignetta di Charlie Hebdo contro l'Italia, una sorta di specchio riflesso, per molti un gioco al ribasso.
Un baratro.
giovedì 11 aprile 2019 12 vostri commenti

Vite fantasma

Settanta euro per un viaggio in pullman destinazione Padova, oppure aggiungendone trenta si può arrivare fino a Palermo e trovare magari anche un po' di sole. Anche se il clima rumeno forse assomiglia di può a quello del Veneto, oppure non fa differenza chi lo sa. Tanto in ogni caso chi ha il tempo di andare al mare. Stendere un semplice asciugamano e sdraiarsi, uscire con le amiche di sabato o domenica. Già la domenica quella che magari una volta si passava in famiglia, facendo la pasta, mangiando un bel piatto di musacà, poi canti e balli. 
Invece ora solo urla, a volte anche maltrattamenti, liquidati in poco tempo dopo essere magari stati pagati male e in nero per badare ventiquattrore su ventiquattro ai nonni, gli zii e padri o le madri degli italiani. 
"Sindrome Italia", ha un nome questa malattia che è stata diagnostica in passato anche ai sudamericani tornati nel loro paese dopo tanti anni passati da noi a fare il lavoro da badante.  Crisi di panico e ansia, causati il più delle volte per colpa delle notti insonni e della mancanza di riposo che ogni lavoratore dovrebbe avere. Crisi per il pensiero costante ad una vita andata e non vissuta, anzi passata lontano dai propri figli delegando la loro crescita e la loro educazione. Nonni che diventano genitori, genitori che diventano figli di persone estranee che non possono essere accudite perché spesso non si può fare a meno di lavorare, o perché l'assistenza costa troppo oppure perché quando si è vecchio si viene messi in un angolo.
Anche queste sono vite. 
Spesso dimenticate.
venerdì 5 aprile 2019 11 vostri commenti

La speranza ha 15 anni

Al di là di ciò che si pensa, il coraggio di Simone, quindicenne romano, è un'iniezione di speranza. Affrontare persone come quelli viste nelle immagini, gente che arriva a calpestare cibo, aggredendo l'operatore che stava portando viveri non è da tutti. Tutto ciò soprattutto in tempi in cui la partecipazione è sempre meno a 360 gradi. 
Certe cose fanno tornare alla mente i discorsi che spesso sentiamo sui "giovani d'oggi" che in molti casi vengono citati o ricordati solo per i loro difetti. 
Le parole di Simone non sono politiche, lo dice anche lui, ma di civiltà. Un ragazzo che dice "nessuno deve rimanere indietro". Già, se solo ci soffermassimo sull'importanza di questa frase avremmo fatto cento. Parole alle quali si da poco peso, in un momento storico in cui troppi vengono lasciati indietro, vuoti riempiti da  movimenti e personaggi pericolosi che cavalcano il malcontento trovando nello straniero di turno il capro espiatorio. 
Mi ha colpito anche un'altra frase detta da Simone, che ora non deve diventare simbolo di nessuno sia chiaro, quando dice che "se rubano gli italiani nel quartiere non gli diciamo niente"
Simone.
15 anni. 
La speranza.
martedì 2 aprile 2019 22 vostri commenti

Dieci anni

Rileggersi è sempre piacevole. A volte capita di scorrere pagine scritte e non riconoscersi oppure ritrovarsi in quel momento preciso, scrollando la testa o sorridendo. 
Il primo me lo ricordo molto bene "Quando si dice... il primo è il più difficile" era il 21 marzo 2009 e non ero al massimo della forma. Un matrimonio finito da poco, dopo una storia durata 15 anni, e un anno in cui non sono stato da nessuna parte e da tutte le parti. 
Poi a dicembre 2008 le sliding doors della mia vita mi hanno fatto rincontrare la ragazza che ora è mia moglie, conosciuta durante l'università e poi ritrovata ogni tanto per le vie di Genova, non c'erano i cellulari, o su una cartolina spedita alla Thailandia. 
Un 2008 iniziato toccando il fondo, salvato da un gruppo di amici e un divano che ogni sera mi accoglieva. Chitarre, sigarette, vino e tanto casino. Finito però in bellezza con un bacio da innamorato dato come un quindicenne in una piazza di Genova.
Ho sempre amato scrivere, ma in quel periodo sentivo proprio l'esigenza di farlo in maniera sistematica. A 33 anni mi sono ritrovato solo a ricominciare tutto dall'inizio quando fino a quel momento ero sempre esistito come coppia. 
Ricordo la faccia di mio padre quando gli dissi della separazione - "non ti preoccupare ritiro su il muro e rifacciamo la tua camera!". Invece poi trovai una casa piccola lì vicino che ancora oggi vediamo quando con Greta facciamo una passeggiata - "la vedi, quella è stata la prima casetta di papà e mamma" - un buco, ma ci stavamo bene. 
Poi quella sera di inizio primavera la nascita del blog e come i primi fans i miei amici Marco e Paolo. L'idea era quella di un diario personale, mutato nel corso degli anni come sono cambiato io. Ora non sono più quello di dieci anni fa e non so nemmeno come sarò domani. 
In questi 10 anni di I Diari dello scooter di cose ne sono successe e ho cercato di parlarne in questi 1633 post, belli, brutti, semplici, banali, scritti bene o male. Non lo so, ho sempre pensato che alla fine sono come i nostri diari scolastici, o i nostri quaderni nascosti. Scrivere quando ne sentiamo l'esigenza. Momenti brutti purtroppo come la morte di mia nonna o meravigliosi come il viaggio di 6000 km in scooter in giro per l'Italia. Indimenticabile. E tanti altri, il primo anniversario, una scelta difficile da prendere e poi quello del 4 agosto 2014 quando nacque una mini blogger.
Ho incontrato tanti amici e nemici virtuali in questi anni. Molti non scrivono più e mi dispiace molto, perché ricordo meravigliosi dibattiti. Ora forse la moda è quella della lettura "tutta e subito", delle poche righe, del tempo che fugge. 
Molti sono ancora qui a leggere e scrivere, qualche blogger poi l'ho anche visto in carne ed ossa. Incontri davvero piacevoli. 
Un blog iniziato da neo separato e ora invece padre di una bimba di quasi 5 anni innamorato degli occhibelli di sua mamma, nata proprio a metà di questo periodo. Una sorta di punto più alto raggiunto, anche se non credo sia tutta in discesa da qui in poi, anzi non lo deve essere perché alla fine il sale della vita credo siano le sfide da affrontare e i cambiamenti da accogliere. 
Allora al prossimo post e grazie a chi viene a trovarmi da 10 anni e a quelli che verranno. 
lunedì 1 aprile 2019 6 vostri commenti

Cafone

L'immagine di quell'uomo o quel "cafone", come definito da Di Maio, che si prende gioco della poliziotta arrivando testa a testa con lei apostrofandola poi con il termine "cogliona" è il perfetto riassunto della situazione del paese. 
Il senso di impunità che questi personaggi stanno provando è pericoloso,  il continuo inneggiare a slogan fascisti, illegali per legge bisognerebbe ricordarlo, fa davvero pensare ad una lancetta che scorre indietro nel tempo.
So già che qualcuno dirà che anche nei cortei di sinistra si scherniscono i poliziotti, assolutamente vero. Chi è onesto però non può non notare la differenza di comportamento. Ho visto volare manganelli per molto meno, per sguardi, oppure solo per la presenza di manifestanti. A Verona mi è parso di vedere una poliziotta che ha cercato di intervenire arrivando però a  ridimensionarsi per l'aggressione di questo "cafone", sempre per citare Di Maio. 
Già quest'ultimo che si vergogna anche di nominare la parola "fascismo" perchè è di questo che stiamo parlando. Non si tratta di fez né tantomeno di gente in braghette corte e camicia nera ma arriva sotto abiti moderni, come quelli di uno che passeggia con un cane e insulta il poliziotto di turno facendo vedere anche il fondoschiena, arrivando addirittura a minacciare chi è in divisa perchè "mi hai spinto". 
Il giorno dopo non mi pare di avere visto Tweet del ministro dell'interno digitale, nessuna foto con tanto di felpa e foto della poliziotta. Niente solo la sua comparsa al congresso della vergogna e un tweet del suo socio pentastellato che non si sbilanci nemmeno quando deve scegliere un hamburger al bar. 
Tempi duri e bui. 

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