martedì 31 luglio 2012 25 vostri commenti

O... limpidi

"Come nelle Olimpiadi sono incoronati non i più belli e i più forti, ma quelli che partecipano alla gara (e tra di essi infatti vi sono i vincitori), così nella vita chi agisce giustamente diviene partecipe del bello e del buono"

Mah ne siamo certi... vale ancora tutto ciò, è sempre stato così o è solamente frutto di un capitalismo sfrenato e del comportamento dell'uomo.
Difficile rispondere se negli anni passati lo spirito di Olimpia sia stato in linea col pensiero di Aristotele. Ciò che si può direi però è che i giochi fanno pensare e discutere sempre. Sia chiaro che amo lo sport e soprattutto quello di serie B, nonostante la mia passione per il calcio. Sono assolutamente tifoso di tutte quegli atleti che nell'anonimato di una preparazione arrivano ogni quattro anni e lasciano il segno della storia, senza essere divi, aver fatto un calendario o aver partecipato ad un reality (ogni riferimento non è casuale).
Mi domando solo però, sapendo già la risposta,  perché l'uomo e il sistema debbano sempre mettere la loro firma in negativo su parecchie cose. Basti pensare alle case che sono state abbattute per fare spazio alle strutture Olimpiche, agli indesiderati allontanati senza nessun tipo di garanzie, agli sponsor obbligatori come la Coca Cola che sinceramente non mi sembra con la sua politica in linea con lo spirito della fiaccola perennemente accesa o alle botte rifilare a donne e disabili che manifestavano contro i tagli di Cameron il giorno dell'inaugurazione.
Forse come al solito penso troppo, a volte sarebbe bello tornare a quegli anni in cui si prendeva tutto così senza guardare dietro agli angoli delle cose, senza indagare e di conseguenza incazzarsi. 
In quel periodo lo sparo dello starter era solo un segnale di partenza ora ci si gira a chiedere chi è stato...
venerdì 27 luglio 2012 12 vostri commenti

Qui dove non si tutela nessuno

Diventa davvero difficile riuscire a comprendere il reale significato della frase "Tutelare la vita umana". Forse basterebbe mettersi d'accordo su cosa serve a garantire la sopravvivenza di donne, uomini e bambini. Ogni volta che usciamo a passeggiare nelle nostre città siamo sottoposti a emissioni di gas nocivi, oppure basta stare nella propria abitazione accerchiati dai campi magnetici presenti in ogni angolo. Insomma pensateci bene la vita umana non ha una via d'uscita garantita nelle nostre città. 
E poi loro, le fabbriche, quei mostri di ferro che in alcuni quartieri si ergono come castelli colmi si storie. Quelle stesse industrie dove anni fa attorno sono stati creati palazzi dormitorio per coloro che dovevano andare a lavorare nei turni dell'orgoglio nazionale. 
Gli stessi palazzi che ora sono occupati da altri e che negli anni poi hanno puntato il dito contro i mostri di ferro. 
Lavoro o salute?
Sinceramente non credo che tutti possano capire il reale significato di fabbrica e quello di essere operaio. Ho passato gran parte della mia esistenza in casa dei miei, vedendo tornare, a volte neanche per le ore piccole, mio padre dall'Italsider di Genova. Ho visto la sua stanchezza e il suo orgoglio di appartenere ad una classe fiera e pronta ad affrontare storicamente lotte fondamentali per tutti noi.
Ora assisto impotente alla distruzione dei diritti del lavoro e all'annientamento concreto delle fabbriche stesse. 
Sia chiaro io non sono qui a dire che i fumi delle fabbriche fanno bene, e che tutti noi dovremmo avere una finestra vista altoforno. Mi chiedo solamente come si possa pensare di chiudere in pochi attimi reparti di una fabbrica senza pensare alle conseguenze, come si possa continuare a vivere in un paese dove chi governo pensa solo a sistemare conti virtuali piuttosto che mettere delle risorse mentali e fisiche al servizio del lavoro e di una sua riqualificazione che possa anche accompagnare il risanamento ecologico del nostro pianeta.
Mi domando se coloro che vogliono chiudere l'Ilva e magari poi passare qui da Genova per dare un colpo di grazia alla città dopo Fincantieri, hanno mai pensato di accantonare la propria macchina che prendono anche per andare dal supermercato davanti casa. Se nessuno ha mai pensato di vietare l'uso di una benzina che ci avvelena da anni. Parlano di disastro ambientale e si dimenticano di parlare anche disastro umano di famiglie che non rientrano più nei conti alla fine del mese.
Comunque sia questi sono giorni tristi, che lasciano amarezza e pesantezza nel cuore per colpa di un paese che scambia i cittadini per numeri, da spostare da una parte all'altra, da non considerare, vite che non vanno tutelate mai.
venerdì 20 luglio 2012 18 vostri commenti

Quel vento di mare che trattiene la storia

Le nuvole per la prima volta  in undici anni dai quei giorni, a meno che la mia memoria mi tradisca, minacciano Genova. Esistono date e giorni con le quali il tempo viene scandito, feste e anniversari, ricordi. Quei giorni non verranno mai dimenticati, un cumulo di ricordi e immagini che mai nessuna sentenza potrà spazzare via. 
Uomini e donne di ogni colore il primo giorno a sfilare per le strade dopo aver passato la settimana a discutere e a parlare di democrazia dei popoli. La città blindata, cancelli e pass per entrare e uscire. Le prima sfilare del blocco nero.
Poi la vergogna del giorno dopo, un corteo autorizzato attaccato, uomini in divisa che giocano alla radio con le vite delle persone, uomini in doppio petto chiusi in una caserma a dare ordine, gli stessi che ora si vantano di essere i più democratici di tutti. Agguati ad ogni angolo della strada, giornalisti presi a calci, pacifisti bastonati mentre il blocco nero girava libero per le strade ben individuabile ma mai fermato. Poi  piazza Alimonda, li proprio dove sono nato io 37 anni fa. Un proiettile deviato dal sasso come dicono loro, anzi no un'altra cosa, anzi ancora un'altra anzi...
La paura.
La speranza che non si potesse andare oltre e invece... il giorno dopo ancora sangue e violenza, su donne, anziani, giovani e uomini. Un corte spaccato in due, una folla che cerca rifugio incredula.
Caldo, fumo e sangue, tanto sangue.
Poi basta vero! No ancora.
E' notte... e li vanno a prendere uno ad uno... spuntano delle molotov, passano di mano in mano, quelle mani che dovrebbero proteggere dicono e che invece in quei giorni sono il mostro di una democrazia che si è voltata da un'altra parte. 
Ancora sangue, una macelleria.
Poi basta vero! No... ancora.
Torture a ritmo di canzoni fasciste nella caserma di Bolzaneto, secondini e dottori che si trasformano in aguzzini di giovani donne e giovani uomini in lacrime.
Genova non dimenticherà mai, proprio perché ama la democrazia, la non violenza e la pace. Proprio perché ai suoi giovani vuole ricordare che quello è stato il male, da tenere sempre presente, una degenerazione, un punto al quale abbiamo visto si può arrivare. Sta a noi con il ricordo della storia insegnare a chi verrà che la conquista dei diritti è sacra, che la libertà non può essere sono solo una parola con la quale vantarsi in un comizio politico. 
Quando si parla di quei giorni solitamente si hanno diverse reazioni. Chi non c'era e non ci crede ancora, chi c'era e vuol dimenticare, chi c'era e non dimenticherà mai, chi non c'era e avrebbe voluto esserci, chi si vergogna perché pensa che avrebbe potuto fare qualcosa di più, chi soffre per una ferita che non si rimargina. 
La verità, abbiamo imparato purtroppo, non è quella che spesso viene sancita dalle istituzioni, la storia ci insegna anche questo, noi la sappiamo, l'abbiamo vista e sentita. Questo paese ci ha abituato ad una giustizia fatta di diversi codici a seconda dell'imputato e così è stato anche in questo caso, ma non smetteremo mai di lottare per la democrazia e per i diritti per i quali i nostri nonni hanno lottato, per una giustizia che faccia onore al proprio nome e per le nostre città che non debbano mai e poi mai ciò che ha dovuto subire Genova.

giovedì 19 luglio 2012 20 vostri commenti

"Quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri"

23 maggio e 19 luglio, l'anno  era il 1992.
Quello delle stragi, della paura nelle città, della mafia che sfida tutto e tutti, quello si uno stato corrotto e mafioso che non governa più ciò che ha creato, quella di uno stato che poi in extremis ora sappiamo prova a scendere a patti con la mafia.
Avevo 17 anni e ricordo i visi preoccupati di mio padre e di mia madre, ho ancora negli occhi le immagini di un paese che si rivolta contro la politica durante i funerali, che tenta di assalire i potenti. La voce di una delle mogli di un uomo della scorta, la voragine di Capaci e le immagini di una via d'Amelio in stile Beirut. 
Qualche anno dopo, nel 1994,  ebbi l'onore di conoscere  personalmente in una conferenza Antonino Caponetto colui che aveva pensato e creato il pool antimafia, un nuovo modo di condurre le indagini e di combattere cosanostra. Posso dire senza alcun dubbio che in quel momento ho visto negli occhi di una persona che ha dato tanto per la giustizia la stanchezza e la delusione nei confronti di uno stato che ancora una volta nonostante il sacrificio di Falcone, Borsellino, della scorta e di tutte le vittime di mafia, provava già ad arrestare la forza delle indagini cercando di bloccare le intercettazioni. 
Era l'anno nero, quello del cavaliere. L'inizio del tracollo finale di un paese che è stato quasi sempre in mano a dittatori, piccoli re, partiti corrotti, poteri forti e segreti, mafia e quant'altro.
Quel giorno avevo indosso il mio Eskimo, avevo 19 anni, ero nel pieno della passione politica che purtroppo ha dovuto fare i conti con la storia trovandosi davanti solamente i resti di ciò che fu il partito comunista, ma ci provavamo nel nostro piccolo abbiamo occupato la scuola, lottato contro i tagli, che si facevano già. 
Una stretta di mano quella con Caponetto che porterò sempre con me, così come la forza di volontà di Falcone e Borsellino, dimenticati e lasciati soli dallo stato allora come adesso. Ora molto più velatamente  ma allo stesso modo in maniera violenta attaccando i magistrati di palermo. Uccisi due volte da quella parte di italiani che il giorno dopo hanno dato fiducia a personaggi improponibili e imbarazzanti messi alla guida del paese...

"Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri"
(da L'agenda rossa di Borsellino)

...l'elenco è lungo basta scegliere.
lunedì 16 luglio 2012 26 vostri commenti

Déjà vu

Dai su allora diamo una sistematina qua  veloce alla scrivania. Mi ripassate per favore le foto con la famiglia. No non importa se c'è Veronica tanto per loro ho ragione io è lei che ha lasciato il tetto coniugale. 
Si un ritoccata a questo zigomo grazie che poi sembro sproporzionato in Tv. Dove ho messo quel testo, ah si nell'armadietto, quanto tempo mamma mia, eppure di nuovo qui, tutto come prima. Come si dice acqua sotto i ponti ne è passata ma io mi attacco agli scogli e non mollo. 
Allora rivoglio gli stessi libri messi come quella volta... si si proprio identici... e poi quell'effetto patina potete rifarlo vero!??! Ottimo, come sempre.
Quel fermacarte poi lo avere trovato?
Come no?
Ah lo avevo regalato a Fede che ci teneva tanto... va beh chiamatelo un secondo che ce lo porta così... ah vero non ci parliamo dopo quella storia dei soldi... vedrete che arriva, arriva sempre basta chiamarla certa gente.
Allora ripassiamo un attimo...

"L'Italia è il Paese che amo. Qui ho le mie radici, le mie speranze, i miei orizzonti. Qui ho imparato, da mio padre e dalla vita, il mio mestiere di imprenditore. Qui ho appreso la passione per la libertà."


...certo che scrivevo proprio bene...


"Ho scelto di scendere in campo e di occuparmi della cosa pubblica perché non voglio vivere in un Paese illiberale, governato da forze immature e da uomini legati a doppio filo a un passato politicamente ed economicamente fallimentare."


...qui aggiungo un Ri a scendere e poi lascio tutto come prima.
Tutto il resto va bene, vediamo un po', si si, uhmmm.... e poi il finale direi questo...


Vi dico che possiamo, vi dico che dobbiamo costruire insieme per noi e per i nostri figli, un nuovo miracolo italiano."

...ottimo possiamo procedere, il nome ce l'abbiamo.  
Il paese è sempre pronto per queste cose.


mercoledì 11 luglio 2012 15 vostri commenti

Tre metri sopra la poltrona... circa.

Ci sono ricordi più o meno  chiari, certe cose rimangono più impresse, altre meno, altri vengono cancellati e poi rimossi. 
Avevo 6 anni quella sera e di tutto quello che successe poi, ricordo una cosa... io sulla poltrona e quel rigore sbagliato. Antonio Cabrini prende la palla la posiziona sul dischetto, prende la rincorsa e calcia. Fuoriiiiiiiiiiiiiii alla sinistra del portiere!


Dopo ricordo solo il mio salto. Ero seduto nel tinello, lo chiamavamo così, sulla poltrona davanti alla televisione, credo ci fosse anche io mio bisnonno. Sarà che quando sei piccolo sembra tutto magico ma  io mi ricordo di essere arrivato a pochi centimetri dal soffitto... un salto alla Juri Chechi. Poi non ricordo altro solo questo.
Non ricordo l'urlo di Tardelli, ma ricordo di averlo provato migliaia di volte al campetto al mare, braccia larghe gola tirata e urla alla tarzan, il tutto naturalmente a porta vuota.
Era tutto così limpido.
Poi invece sono cresciuto e ho iniziato a leggere di calcio scommesse che c'era già a quei tempi, di vittorie che mettono a tacere tutto e di partite comprate con pareggi impossibili, baste leggere "La trilogia della censura" di Oliviero Beha.
Mah che dire io stasera magari riprovo a fare quel salto e magicamente ritornerà tutto più limpido... o forse no.
lunedì 9 luglio 2012 18 vostri commenti

Scuse da macelleria



«Non basta. Troppo comodo. E poi, al lungo elenco delle scuse, mancano i veri protagonisti. Manca Claudio Scajola che era il ministro degli Interni, manca Gianfranco Fini che era il vicepremier, manca De Gennaro che era il capo della polizia. E mancano i vertici di Cgil, Cisl e Uil: ancora oggi ci devono spiegare perché, a differenza della Fiom, non erano in piazza con noi»

Quando Genova era in mano a pochi, quando la costituzione è stata sospesa, quando un'intera nazione ha voltato la faccia da un'altra parte, quando si sono impossessati delle parole per modificare la verità, quando avevano organizzato tutto, quando hanno chiuso una città e costruito muri come se le idee potessero essere fermati da blocchi di cemento.



giovedì 5 luglio 2012 19 vostri commenti

Rocco e le sue pretese

“Dobbiamo esprimere gratitudine a  Monti. Abbiamo perso nel gioco del pallone ma abbiamo vinto nel gioco  della vita. Troppe volte, in passato, abbiamo perso nella vita e ci  siamo consolati con il pallone”

No perché in fondo poi uno vorrebbe fare certe cose, prendere la palla al balzo e farlo, non tirarsi indietro ed esporsi con parole semplici, senza tanti giri, senza avverbi che alla fine fanno spessore ma non vogliono dire niente, senza preamboli, senza introduzioni e cappelli, senza tante cornici da contorno o forme di stile curate, così come viene senza pensarci tanto che alla fine è meglio, mettendo giusto un verbo al tempo corretto e soprattuto un bel punto di domanda...

...ma che cazzo stai dicendo? E ci costa pure... 

E poi gioco del pallone non si può proprio sentire.


lunedì 2 luglio 2012 22 vostri commenti

Monsignore ma non troppo, anzi niente

Ricordo molto bene quel giorno, il primo per me in un centro di ragazzi Down della mia città come tirocinante per un laboratorio teatrale settimanale. 
Mi torna anche in mente la tensione che si ha normalmente quando si inizia una nuova avventura, nonostante la mia esperienza di ormai più di dieci anni nell'ambito della riabilitazione delle persone disabili. 
Poi solo i loro sorrisi per accogliermi subito e  i saluti immediati ripetuti più volte, non da tutti sia chiaro perché essere una persona con un handicap non vuol dire essere simpatico per forza o avere in simpatia tutti, vuole solamente dire essere una persona come le altre. Ma questo la nostra società non lo vuole ancora capire,  la gente non lo vuole ancora capire. Lo si può dedurre dagli sguardi quando si fanno le uscite e dalla scarsa informazione. 
Mi viene in mente lo spettacolo visto qualche mese fa, frutto dei laboratori teatrali, rappresentando dei modernissimi "Promessi sposi", con un Don Abbondio, credetemi, da oscar. E il pensiero va alla buona volontà e alla professionalità delle tante persone che lavorano molte volte gratis, alla tenacia e alla voglia dei ragazzi e dei loro educatori che spesso si devono muovere in condizione disastrose.
Tutte cose che naturalmente Monsignor Andrea Gemma non sa,  perchè impegnato nei suoi esorcismi e nel sviluppare pensieri del genere...

"il posseduto del diavolo ha le movenze, il portamento simile a un down"



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