lunedì 31 dicembre 2018 8 vostri commenti

Duemiladiciannove con fantasia.



“Papà un giorno mi porti a vedere dove finisce l’arcobaleno?!?”.
L’augurio è quello di andare alla ricerca dell’impossibile, di quello che ad altri sembra irraggiungibile, di non fermarsi alla prima spiegazione data, di scavalcarli ogni tanto i muri, di aprire porte e di vedere più colori non solo uno, magari mettendoci anche un po’ di sana fantasia.
Buon 2019!!!
martedì 25 dicembre 2018 10 vostri commenti

Natale a casa di Ernest


La mia è una di quelle famiglie pro-pranzo di Natale. Ricordo solamente un'occasione in cui abbiamo fatto il cenone e aperto i regali di sera. Il più brutto Natale della mia vita. 
Una tradizione che porto con me, al di là del significato religioso. Ho ancora ben presente l'ansia della sera prima, l'attesa di Babbo Natale o Gesù Bambino come si diceva una volta, la magia dell'apparizione inspiegabile dei regali comparsi dal nulla in poche ore. 
Prima non c'erano, ora si. 
I miei passavano nottate intere a montare i giocattoli, così alla mattina io e mio fratello trovavamo il fortino dei Playmobil montato, il camioncino dei lego, il subbuteo, i puffi e altro ancora. 
Il pranzo poi era un vero e proprio rituale. L'aperitivo di mio padre, rigorosamente Negroni da accompagnare a stuzzichini per non rischiare di brindare con l'armadio al posto della zia. Poi una quantità infinita di antipasti che si finiva di mangiare attorno alle due del pomeriggio. Due primi logicamente, i ravioli di mia madre sui quali iniziava la solita discussione, ovvero col sugo alla genovese o al ragù? Destino di chi ha un padre filo-emiliano e una madre genovese. In tavola venivano portate due "fiammanghille" di ravioli conditi in tutte e due le maniere, l'unica cosa che avevano in comune è che non ne rimaneva nemmeno uno. 
In mezzo spesso si mangiava il pinzimonio, si diceva per depurarsi un po'. Poi come nei migliori incontri di box, fuori i secondi. E allora via con arrosto al sugo, patatine, salsa verde e l'immancabile cima. Per quelli che non erano sazi ci pensava la zia irrompendo in sala con la fatidica domanda "chi vuole un po' di carne fritta". 
La firma finale veniva messa dalla frutta secca e dai dolci che comparivano in tavola verso le quattro e mezza cinque, seguiti dai giochi che noi bambini richiedevamo a gran voce. Tombola, mercante in fiera e settemezzo. 
Verso sera poi tutti si dicevano sazi, ma bastava che uno iniziasse a mangiare qualche raviolo riscaldato per far ripartire la macchina instancabile della cucina. 
Gli unici intervalli tra una portata e l'altra erano riempiti da noi ragazzi che insieme a mio zio cantavamo canzoni in genovese. Niente chat, niente foto ai piatti, tanti bei dialoghi, risate sane e racconti. 
Ora quello che posso fare io è cercare di bagnare le radici di questa tradizione e trasmetterla a Greta, nella speranza di riuscirci almeno un po'. 
Buon Natale e buone feste ragazzi. 
E che si sappia nella foto i seicento ravioli appena fatti da mia madre e io preferisco il sugo alla genovese.
giovedì 13 dicembre 2018 21 vostri commenti

Quando abbiamo smesso

Non credo di riuscire a ricordare l'ultima volta in cui sono stato bambino. Ho finito da poco il libro di Fabio Bartolomei "L'ultima volta che siamo stati bambini", una storia di piccoli spettatori degli orrori della seconda guerra mondiale, un'avventura che pagina dopo pagina assomiglia ad un rito di passaggio all'età adulta. 
La memoria mi tradisce e non ho la totale certezza di fatti che sono successi ormai tanto tempo fa, ricordi veri o racconti che ho sentito, un dubbio difficile da risolvere. Torna alla mente allora l'immagine di un primo funerale di una bisnonna, oppure il primo trasloco e il distacco da quella che per anni era stata casa nostra. Un cambiamento radicale da un quartiere ad un altro.
Forse il primo bacio  dato dietro ad una siepe con i compagni di classe a qualche metro a fare  tifo da stadio come in gradinata sotto la finestra di un'incolpevole signora che in pochi attimi ci ha ricoperto di insulti. Oppure la prima delusione d'amore e quel dolore che sembrava infinito, o semplicemente la prima volta che mi sono innamorato.
Chissà, magari non ho mai smesso di esserlo. 
Una speranza.

venerdì 30 novembre 2018 15 vostri commenti

La stringo ancora di più


La paternità offre la possibilità di pensare a molte cose, attente riflessioni sulla vita e su ciò che ci circonda. Mi capita spesso di fermarmi a guardare mia figlia mentre prova a fare improbabili piroette o coreografie che nemmeno Brian e Garrison avrebbero potuto creare. Movimenti che riconciliano con tutto, riuscendo a far dimenticare i momenti di tensione della giornata, i pensieri immagazzinati dal cervello in continuo movimento e anche la cervicale. 
Il momento della favola è davvero quel rito tanto descritto da chi ci è già passato, con la differenza che non si tratta di un solo racconto, ma nemmeno di due, una sorta di richiesta di lettura all'infinito per rimandare il momento della nanna, che comunque poi arriva. 
Proprio in quell'attimo in cui mi capita spesso di prenderla in braccio, magari al buio, stretta a me a volte mi tornano in mente immagini come questa, mamme in fuga con i proprio figli, trascinati senza scarpe per evitare lacrimogeni o cose peggiori, padri con in braccio il proprio figlio stretto al corpo. In quel momento la stanchezza della giornata e i dolori alla schiena sembrano sciocchezze di fronte a persone che camminano chilometri e non possono permettersi di mettere giù il proprio figlio, rendendomi ancora di più conto della fortuna di vivere nel punto geografico fortunato. 
Se mai quel punto dovesse diventare pericoloso spererei di incontrare porte aperte non muri.
Allora la stringo ancora di più.

giovedì 22 novembre 2018 10 vostri commenti

Possiamo non scriverci messaggi?

"Al nostro terzo appuntamento lui mi ha fatto una proposta inattesa: 'Possiamo non scriverci messaggi?'". Questa la prima frase di un articolo apparso sulla rivista New York il mese scorso firmato da Clara Artschwager.
Non vuole essere un elogio ai tempi andati secondo me, ma una riflessione su quelle che erano le relazioni umane. Pensiamo al corteggiamento ad esempio, all'ansia consumata nelle ore che ci dividevano da un incontro, il pensiero alle lancette che scorrevano veloci portandoci alla tanto odiata ora del saluto. 
Una pausa di presenza che ora non è possibile, una vicinanza digitale che rischia anche di confondersi con quella fisica, reale. 
Dovevi dirti tutto e subito, non c'erano prove d'appello, non c'era il messaggio che ti concedeva un'altra chance, ma solo tanti pensieri alla frase detta, ripensamenti o sorrisi che potevano trovare conferma solo il giorno dopo,  corse verso citofoni, pulsanti premuti e una voce, quella di un padre o una madre, che fungevano da spartiacque tra te e la fidanzata.
Per non parlare delle lettere o dei bigliettini, messi negli zaini ritrovati a casa in mezzo al diario, frasi scritte sui banchi cancellate e poi riscritte. Dediche messe nero su bianco nelle pagine dei giorni di festa dove non c'erano i compiti, foglietti ritrovati magicamente sui motorini a volte, per i più romantici, con una rosa. 
Emozioni senza Giga. 
giovedì 15 novembre 2018 13 vostri commenti

Decreto Ischia

Qualche minuto fa è stato approvato il Decreto Genova. Come diceva il buon Moretti le parole sono importanti e spesso in questo modo ci stanno fregando. La mia città è in ginocchio, giusto dire che non stava benissimo prima, ma ora siamo lì fermi ad aspettare il colpo di grazia.
Fa davvero rabbia vedere un condono edilizio all'interno di un provvedimento col nome di una città che sta pagando ogni anno un tributo di vite spezzate e di danni per colpa proprio di quella edilizia senza senno.
Il crollo del ponte ha portato con sé come ovvio non solo problemi logistici ma occupazionali, ditte che chiudono, piccole imprese o negozi della porta accanto che non rinnovano il piccolo contratto dell'aiutante di turno. Tutte realtà che alle alte sfere sfuggono. 
Qualche settimana fa ho avuto la sfortuna di ascoltare il sindaco di Genova parlare di soluzione che deve arrivare anche dall'entusiasmo. Ecco. Una burla continua strutturata in diversi atti dove la costante è il selfie dove il richiamo della stampa può fare da eco. 
Si fanno riprendere a Portofino quando il ponente cittadino è nel dimenticatoio, Prà qualche giorno fa nuovamente allagata ma in quel caso nessuna fotografia del Presidente della Regione Toti e del sindaco ma solo la solita gente ad asciugare locali e a tirarsi su le maniche.
Via 30 giugno, la via che passa proprio sotto al ponte, chiusa senza avvisare nessuno con le conseguenze che potete immaginare sul traffico urbano che non vuol dire solo tornare a casa tardi, ma spesso significa anche entrare al lavoro tardi, ritardare una consegna tutte cose che possono indurre un'azienda a cambiare aria. 
Ma qui la parola d'ordine è entusiasmo  condito in armi da distrazione di massa. 
domenica 4 novembre 2018 25 vostri commenti

Colpi su colpi

Questa volta il peggio è arrivato dal mare. Il nostro amico, un compagno che noi genovesi, noi liguri sappiamo di avere sempre lì a disposizione. Una presenza, la sua, che possiamo avvertire in ogni momento anche quando si cammina nei vicoli del centro storico sommersi dall'altezza dei palazzi di una volta. 
L'acqua è arrivata di notte sulle strade del litorale, spazzando via tutto. 
I danni non si contano più, la mia città ultimante sembra entrata in un circolo vizioso. Le alluvioni, le frane, il crollo del ponte e ora i danni della mareggiata. 
Nulla avviene per caso però. 
Che si tratti di incuria, di mancata manutenzione o di cemento che avanza, la mano dell'uomo è sempre presente. Ogni volta che passo sulla sopraelevata penso a quanto cemento abbiamo messo tra noi e il mare. In alcuni casi un'azione indispensabile probabilmente per permettere l'esistenza stessa dell'urbe, ma in alcuni casi a mio giudizio un'invasione che ora la natura ci sta facendo pagare. 
Sento dire spesso ultimamente che Genova si rialzerà. Non lo so, me lo auguro, ma quel che è certo è che stiamo prendendo pugni nello stomaco da molto tempo. 
Siamo, credo, l'unica città al mondo con un'autostrada che termina dentro alle vie cittadine, un danno, un disagio per tutti che non può essere sopportato ancora per molto. Il rischio è quello di un ulteriore tracollo dell'economia cittadina. Genova anni fa puntava a superare il milione di cittadini ora siamo meno di seicento mila. Molti anziani, i giovani fuggono, come il lavoro. 
Il decreto Genova partorito dal governo è un insulto, davvero troppi politici anche locali stanno giocando a chi la spara di più, una propaganda infinita che in questo caso gioca con la vita delle persone, delle loro case e delle aziende che chiudono. 
Andremo avanti a Genova questo si. Ne abbiamo passate tante, ma oltre al ponte serve costruire una prospettiva comune. 
lunedì 22 ottobre 2018 12 vostri commenti

Fronte comune

"E' sempre colpa di gente del genere se poi la città non va avanti". 
Ormai frasi come queste sembrano entrate di diritto nel nostro sottofondo musicale quotidiano. Sugli autobus. Nei negozi. Nelle ascensori. 
Ieri ad esempio ho avuto il dispiacere di sentirla in occasione di una visita ad uno dei tanti forti di Genova, il Forte Tenaglie che si trova sulle alture di Sampierdarena. 
Una posizione dominante, come la maggior parte delle fortificazioni genovesi, come spartiacque tra due vallate. Una struttura che si erge a vigilare, purtroppo, ciò che rimane del Ponte Morandi, a guardare la povera Val Polcevera. 
Forte Tenaglie ora è gestito da una Onlus di volontari che si occupa di progetti sociali e ambientali, un gruppo di persone che ha restituito il forte alla città e ai genovesi. Una meta che spesso viene raggiunta per eventi e che avvicina alla storia centenaria di quelle pietre. 
Un gruppo di donne e uomini che hanno lottato contro l'abbandono e le sterpaglie riportando alla luce il forte dimenticato dalle istituzioni. Una struttura che era occupata da gente, italianissima, che teneva animali in condizioni vergognose, che accatastava elettrodomestici, che nascondeva amianto e che aveva organizzato un magazzino di medicinali chemioterapici da vendere in qualche parte del mondo.
Ecco, torniamo alla frase di partenza, detta con arroganza di chi pensa di avere ormai sempre la soluzione in tasca per ogni cosa, i professionisti del "ci sarebbe da fare" ma non fanno mai una mazza in ogni ambito. In questo caso specifico il problema era il non poter oltrepassare un cancello per motivi di sicurezza. Il signore si era perso la visita precedente probabilmente perché era occupato a fare le pulci su altre cose.
Credo di essere arrivato davvero al punto di non sopportare più certe persone, quelle che non si espongono mai ma pretendono, quelle che tanto ci sono gli altri, quelle che non hanno rispetto e lo dimostrano anche con arroganza. 
Non si può più tacere di fronte a questa gente e bisogna fare fronte comune con chi fa e chi c'è per gli altri. 
lunedì 24 settembre 2018 14 vostri commenti

Fuori dai gruppi

Non voglio dividere il mondo in bianco e nero, avere una visione manichea, ci mancherebbe anche se a volte nelle nostre considerazioni affrettate il rischio è sempre dietro l'angolo. 
E' chiaro però, in questo momento storico, che sia venuta meno la partecipazione delle persone, l'impegno. 
Servirebbe una macchina del tempo per capire qual'é stato il preciso momento in cui abbiamo deciso di delegare, di non occuparci della cosa pubblica, di non esporci. E' una considerazione che va al di là dell'attuale governo. 
Prendendo in considerazione il mio posto di lavoro, dove negli ultimi anni, grazie all'azione sindacale e non solo, abbiamo ottenuto alcuni vantaggi rispetto ad altri, devo comunque registrare la poca partecipazione alle assemblee e alle iniziative collettive. Vale lo stesso discorso per i movimenti politici. 
Probabilmente c'è stato un momento storico in cui il "noi" è stato sostituito dal'"io", il bisogno individuale che supera quello collettivo, la perdita del movimento di gruppo. Le ragioni davvero potrebbero essere molte. Qualcuno in prima istanza cita il fallimento dei sindacati, l'appannamento della loro missione e la troppa vicinanza della politica. In parte posso anche capire, ma ad esempio anche quando c'era il PCI il sindacato era politicizzato, e di conquiste in quegli anni ne sono state ottenute. Altre teste pensanti evidentemente. 
Paradossale è il fatto che nella nostra dimensione parallela, quella digitale, si cerchi di fare gruppo, socializzare, creare chat in ogni momento per restare in contatto, quando nella realtà invece si cerca l'opposto. 
Lo dico con estrema amarezza perché spesso ormai ci si trova da soli a lottare contro mulini a vento moderni, e alla fine della battaglia poi si presentano orde di personaggi a chiedere conto dell'esito dello scontro. Succede così, purtroppo. 
Davvero il "perché il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all’azione"? Davvero basta questo? Perché se fosse direi che stiamo affondando da parecchio tempo. 

lunedì 3 settembre 2018 20 vostri commenti

Sospesi


Noi genovesi siamo ancora là, sospesi tra i due monconi del ponte. Passando per quella zona si ha l'idea di essere osservati da quell'enorme blocco di cemento ora lasciato solo, una sorta di richiamo alla pietà, come se ci chiedesse di finirlo. 
Invece siamo fermi, nel vero senso della parola col pensiero a quelle 43 vite spezzate.
La circolazione verso il ponente è davvero problematica, prendere l'autostrada per Ventimiglia costringe molti ad attraversare la città. Ma non è solo un problema di traffico, stiamo parlando della vita delle persone. Parliamo di case che sono in attesa, anche loro sospese tra il tornare alla normalità e l'essere abbattute. Parliamo di lavoro, grande e piccoli negozi che rischiano di chiudere anche perché la psicosi del traffico tra prendendo sopravvento.
Nel frattempo stiamo assistendo al solito balletto delle colpe, cose già viste in Italia. E' strano vedere che ora molti usano la parola nazionalizzazione quando per anni al solo sentire una cosa del genere gridavano ai bolscevichi alle porte. 
Ma è un paese così questo, dove a Febbraio in una lettera si legge che il ponte non è sicuro ma nessuno fa niente. Sia chiaro nessuno escluso compreso l'attuale governo. Per non parlare di Autostrade, senza dimenticare gli amministratori regionali e comunali che ora gridano vergogna. Viene da chiedersi dove fossero in tutti questi anni. "Quel ponte è malato" molti lo dicevano a Genova ma non ricordo levate di scudi di nessuno colore. 
Ma qui ormai è sempre più difficile parlare, discutere, si va avanti a colpi di slogan, spuntano esperti in ogni angolo, completamente immersi in un'enorme fake news. 
E noi siamo li appesi.

martedì 14 agosto 2018 28 vostri commenti

Lacrime

Io e la mia famiglia stiamo bene. 
Il pensiero ora va a coloro che sono ancora sotto le macerie, alle loro famiglie e  al dolore che stanno provando in questo momento.
Sono passato da quel ponte ieri con la mia famiglia, ho amici che sono passati di lí qualche minuto prima del crollo.
Non ci sono parole, solo lacrime.
Poi verrà il tempo delle accuse, da anni dicono che quel ponte non era sicuro.
Un pensiero alle vittime.
Grazie a chi ha chiesto notizie di noi.

sabato 4 agosto 2018 11 vostri commenti

Due anelli e una cucciola


Quante strade abbiamo percorso insieme. Strette, ripide, in salita, per non parlare di quelle in discesa che sembrano più facili. Situazioni dove pensi di non aver bisogno d'aiuto ma una mano poi ti serve sempre, grande o piccola che sia. 
Erano gli anni 90, non c’erano i telefonini e i nomi delle persone che si incontravano si scrivevano sui diari, tornavi a casa e chiedevi se ti aveva cercato qualcuno. 

“Come ti chiami?” 
“Sonia”. 

Qualche settimana insieme a lavorare all’Università e poi un addio, o forse no. 
Perché spesso il destino si diverte ad incrociare le strade, a creare crocevia, a far nascere problemi per portarci verso situazioni inimmaginabili. Incontri sporadici in questa città che a volte sembra così piccola e una cartolina che ancora adesso ci osserva. 
Poi un semaforo. “Come stai?”. “Lasciamo perdere”. Io e quell’anno dove non sono stato da nessuna parte. Ma questa volta c’erano i cellulari e poi occhi così non si possono lasciare perdere. Una cena con tante, tantissime parole e un bacio là dove i turisti credono sia vissuto Colombo. 
La nostra prima minuscola casa con un maiuscolo affitto. 
Qualche anno dopo la nostra seconda casa con un maiuscolo mutuo. 
Poi quattro anni fa un ragazzo non troppo giovane con una maglietta del Portogallo, non originale, in pochi attimi diventava padre. Un diario di Kafka lasciato a mezzanotte su un letto perché quei calci nella pancia diventavano sempre più forti, la corsa in ospedale da neopatentato e poi gli Aerosmith. Si proprio loro, come una sigla iniziale del più grande spettacolo che stava per iniziare. 
Greta. 

“Come era appena nata? 
“Io me la ricordo blu”. Chissà magari colpa degli Aerosmith. 

Poi un Si anzi due, davanti ad un amico sindaco e un piccolo colpo di teatro tra amici veri. 
Il resto è tutto da scrivere. 
Due anelli e una cucciola. 
Buon compleanno Greta. 
Buon anniversario Sonia.


giovedì 2 agosto 2018 12 vostri commenti

Basta stringersi


Si, la mia vecchiaia probabilmente sarà così. 
Ricoperto da testi che non posso mettere via, accantonare o regalare, perché ognuno di loro rappresenta un momento della mia vita in cui un titolo, un'immagine, una curiosità o uno stato d'animo mi hanno portato a comprarli. 
Ci sono libri che ci colpiscono e in pochi attimi passano dallo scaffale di una libreria a quello del mobile di casa nostra. Una collocazione casuale e poi via, ripreso in mano chissà quando. Perché ogni libro ha il suo tempo, ogni testo sa perfettamente che prima o poi toccherà a lui essere letto. Basta sapere aspettare.
Per questo motivo noi accumulatori seriali di libri non possiamo liberare spazio. 
Per questo motivo non abbiamo più un comodino ma una nuvola di intenzioni di lettura. 
Per questo motivo appena vediamo una libreria siamo colti dall'irrefrenabile voglia di entrare "per dare solo un'occhiata" che si trasforma in almeno tre libri. 
Abbiamo un nemico comune. 
Lo spazio.
Combattiamo contro di lui tutti i giorni, immaginiamo mensole dove non potrebbero mai starci, cerchiamo di convincerci che "in fondo ancora qualche posto c'è", mentre gli altri magari di notte dormono o guardano la luna, noi scannerizziamo ogni metro quadro per individuare un buco di salvezza.
Qualcuno lo abbiamo messo da parte, forse perché non ancora pronti, forse perché troppo pronti o semplicemente perché non ci piaceva.
Grazie a loro però siamo stati in tutti i posti e in nessuno, facendo indimenticabili incontri. 
Per ogni pagina voltata un passo in più in una storia, una balena inseguita, un tesoro con quindici uomini, cattedrali mai finite, treni persi o porte chiuse.
In attesa del prossimo. 
Basta stringersi.

domenica 22 luglio 2018 26 vostri commenti

Abbiamo un compito. Ricordare.

Da 17 anni ormai alcune vie della mia città non sono più le stesse di prima. Quando passo nei luoghi del G8 non posso fare a meno di pensare a quei giorni. L'odore della paura, il rumore degli elicotteri, sguardi increduli, visi stanchi affaticati. 
In questi giorni ho letto parecchi commenti sprezzanti nei confronti delle manifestazioni che ogni anno si svolgono. Troppe persone hanno dimenticato, altre fanno finta di niente e altre ancora parlano di cose che non conoscono neppure. 
Ogni volta che passo in Corso Italia e vedo la salita che porta alla chiesa di San Pietro non posso fare a meno di pensare al corteo del 21 luglio ancora una volta caricato senza motivo. Non posso dimenticare i "black block" lasciati scorrazzare per la città, passare nel quartiere di Castelletto rivoltando completamente una strada, mentre la polizia caricava Manitese in piazza Manin. 
Ogni luogo è un ricordo. 
Corso Gastaldi trasformato in trappola, la deviazione in via Caffa. La strada della mia infanzia e piazza Alimonda che prima di quel giorno per me era solamente il luogo degli aperitivi con papà. 
Anche nei giorni precedenti durante il corteo dei migranti c'erano state cariche, botte schivate per pochi attimi, io e la fidanzata di allora assieme a migliaia di persone colorate. Ma non ci sembrava possibile. 
Il resto lo sappiamo, anche se molti dimenticano. Cariche su cariche, gente massacrata, tentativi di depistaggio in diretta in Piazza Alimonda con un improbabile "sei stato tu col tuo sasso". 
Carlo. 
Poi la sera del 21 l'incursione in stile Argentina anni 70 nella scuola Diaz quella dove mia nonna faceva la bidella, la stessa scuola dove mi portava a trovare le sue colleghe una volta in pensione.
Bolzaneto, la caserma degli orrori. Un salto temporale di 50 anni, riportati in pochi attimi al fascismo. 
Proprio nella nostra città.
Il resto è storia, quella che molti vorrebbero cancellare. Quella che molti hanno insultato promuovendo personaggi che avrebbero dovuto fare i conti con la giustizia. 
Abbiamo un compito. Ricordare.
giovedì 12 luglio 2018 10 vostri commenti

Liberi tutti


Forse la soluzione è questa. Trovare qualcuno ancora disposto a giocare, accoglierlo, tenendo aperte le porte. Dare la priorità al sorriso, alla follia, alle regole inventate, cambiate e ancora una volta ridisegnate. 
Trovare un muro, c'è l'imbarazzo delle scelta, e poi contare, ma non come vogliono tutti, come comandano. Passare dall'uno al cinque per poi tornare indietro e fare un salto in avanti. 
Barare perché no!!! Con la coda dell'occhio cercare di capire se c'è qualcuno dietro a quel muro, se lo vogliamo trovare davvero, oppure fare i conti con il nostro istinto che ci porta a nasconderci con lui, ad essere lui prima o poi. Anche se non lo vogliamo capire, non lo vogliamo ammettere. 
Ascoltare i rumori. Passi veloci, lenti, passi pesanti, che scappano. Porte che si chiudono, chiavi che girano per non fare entrare nessuno, proprio nessuno. 
E l'odore? Perché no. Pochi istanti per tornare a quel profumo di ragù di prima mattina, di minestrone alla sera, a quel dell'arrosto per il giorno dopo rubato dalla pentola di terracotta. Odori che ci rassicurano come il rientro a casa, così prezioso, così unico, spesso dato per scontato. Per molti inesistente. 
Domani sarà il caso di trovare un altro posto. 
Oppure no. 

venerdì 6 luglio 2018 22 vostri commenti

Drammatica forza della natura

La vicenda dei ragazzini thailandesi intrappolati nella grotta oltre a tenere col fiato sospeso ci ricorda quanto possiamo essere fragili e quanto sia più potente di noi la natura che tanto bistrattiamo e che spesso sottovalutiamo. 
Non riesco nemmeno ad immaginare il dolore e l'ansia che possa provare un genitore diviso da chilometri di acqua dal proprio figlio. 
Tornano alla memoria le immagini di Vermicino e di Alfredo quando nel 1981 cadde dentro un pozzo artesiano. Quella vicenda segnò probabilmente per la prima volta l'elasticità del confine tra tragedia e diretta televisiva. L'arrivo di Pertini, le migliaia di persone, troppe, attorno a quel buco e forse, anzi senza forse, poca esperienza e professionalità per una vicenda del genere. 
La speranza ora è che presto quei ragazzi e il loro allenatore possano uscire fuori da quella grotta. Notizia di oggi, purtroppo, la morte di un soccorritore per mancanza di ossigeno, che sta diminuendo sempre più oltre alle imminenti ed annunciate piogge. 
Mi pare, ma lo dico sottovoce, che tale vicenda non sia così seguita questa volta dai media e dal mondo. Forse perché distante da noi, non in quel mondo occidentale che sembra ormai essere catalizzatore di attenzione. 
Magari mi sbaglio, magari no.
venerdì 22 giugno 2018 32 vostri commenti

Ministro della propaganda

Ufficio centrale interforze per la sicurezza personale.
Ecco. Da segnare e mettere bene in testa in modo tale da ripeterlo a quelli che ancora credono alle favoline di Salvini. 
Si tratta dell'organo che ha competenze in merito alle scorte. Salvini sa benissimo che non può essere lui a decidere sulle sorti di una scorta. Ma fa una cosa terribile per aumentare consensi, insinua il dubbio, mettendo alla berlina chi ha rischiato e rischia la sua vita per avere denunciato la mafia. Quella stessa organizzazione criminale che la Lega per anni negava al Nord.
La scorta non è una cosa piacevole, questo dimenticano coloro che mettono insieme qualche lettera solo perchè hanno davanti una tastiera. 
L'intervento su Saviano è spregevole, per non andare oltre. Ricorda quelle ripicche da bambini dell'asilo tipo adesso ci sono io sullo scivolo e tu non ci sali più.
Il ruolo di ministro non è ben chiaro a Salvini, e non solo a lui, che ha deciso di rimanere perennemente in campagna elettorale. 
Migranti. Rom. Cartelle tasse non pagate sotto i 100 euro. Saviano. 
Una sorta di programma elettorale social. Già perché davvero basta fare un giretto sul web e come per magia compaiono tutte le voci dei propositi del grande statista. 
Dei grillini non riescono nemmeno più a parlare visto che non si trovano neanche più su wikipedia. Letteralmente scomparsi. Per non parlare della sagoma del presidente del consiglio, una sorta di maggiordomo di Vespa. 
E' il buio della ragione.

lunedì 11 giugno 2018 18 vostri commenti

Nasce prima il voto o l'idea?

Da  tempo ho un dubbio marzulliano che continua a ronzarmi nella testa. Oggi la politica è espressione delle richieste delle persone oppure i programmi, i cosiddetti "contratti", nascono a seconda del consenso elettorale che possono attrarre?
Gli ultimi avvenimenti porterebbero a pensare alla secondo che ho detto, come direbbe Quelo. La macedonia presente al governo sembra proprio nascere da tutto ciò. 
L'aria che tira è quella del chiudiamoci in casa, barrichiamoci, chiudiamo porti, serrature e persiane e non facciamo entrare più nessuno. Bene, primo punto del programma trovato. 
Nell'immaginario collettivo il politico a prescindere è sporco brutto e cattivo. Bene allora non può fare il politico per più di un mandato poi a casa, anche se sei bravo, anche se sei un grande statista, se hai trovato la soluzione al male del mondo. Chissenefrega, a casa. 
In piazzetta dicono che i vaccini fanno venire i calli. Bene altro punto, allora NO VAX, per ora. 
Una sorta di work in progress infinito e scritto con l'inchiostro simpatico. 
Cos'altro dobbiamo aspettarci?
lunedì 4 giugno 2018 28 vostri commenti

Anni di schiaffi

Ne abbiamo viste parecchie. 
Il 1994, la discesa in campo del cavaliere nero. Davanti un abisso senza fine. L'inizio dell'impero e lo shock di essere usciti dalla prima repubblica per entrare nella cosiddetta seconda fatta di personaggi imbarazzanti. 
Poi un'altalena di governi dal centro destra al centro sinistra passando per i tecnici. I fascisti sdoganati. La Lega che dal cappio in parlamento passa all'attacco dei giudici. Un sinistra sempre più ridotta al lumicino e un partito democratico che in maniera inarrestabile decide di rincorrere la destra,  scimmiottandola, dando il via libera alla sua vittoria. Renzi che altro aggiungere. 
Poi Grillo che dai MeetUp con tanto di banchetti nei suo spettacoli (?) passa alla piattaforma digitale, dando via libera alla democrazia 2.0, ovvero prendiamo milioni di voti ma decidiamo in 40mila su un sito. Una cosa del genere. Insomma i puri come si definivano loro, quelli che se hai già fatto politica, anche se magari sei stato bravo, sei un corrotto del sistema e quindi con te non parliamo, casomai in streaming. 
Ora. Giugno 2018. La sensazione è quella di aver fatto un giro di 360 gradi dopo aver preso lo schiaffo del soldato e dover indovinare chi ce lo ha dato. Perché probabilmente non lo abbiamo ancora capito. Di certo c'è che i puri non lo sono più, anzi non lo sono mai stati, lo streaming è solo su Netflix, fanno patti con chiunque come da manuale della Democrazia Cristiana. Quelli del cappio in parlamento con tanto di sentenza di sequestro dei conti hanno capito che l'argomento "meridionali" non poteva essere portato avanti ancora per molto, e poi per governare serve tutto il paese. E chi se ne frega della Secessione chiesta per anni, dell'ampollina sulle sorgente del Po e Borghezio col cappello da Unno. Basta. Ora nel mirino meglio mettere i migranti, d'altra parte un partito nazione ha bisogno di un nemico comune. Trovato.
Il resto ce lo mettono come sempre gli italiani, un bel mix. Inutile citarli tutti, in particolare però una menzione va fatta per quelli di sinistra che hanno dato il voto ai pentastellati innalzandoli sull'altare del nuovo partito comunista. Ecco. E come non citare quelli per i quali la parola d'ordine è lasciamoli lavorare.
Mi sa che lo schiaffo ce lo siamo dato da soli. 

mercoledì 30 maggio 2018 29 vostri commenti

Un televoto ci seppellirà

Mattarella ha fatto bene? Mattarela ha fatto male? Costituzionale o non costituzionale?
I bar, i social e i muretti si sono trasformati in questi giorni in gruppi di auto mutuo aiuto costituzionale, magari costituiti da gente per la quale il diritto prima era solo un gesto tecnico del tennis. 
Ma va bene così, tra poco inizieranno i mondiali e saremo a commentare le prodezze dell'Egitto e la solita fortuna dei tedeschi. 
Già loro, sempre loro. I tedeschi. Quelli di Uwe Seeler, di Rummenigge, della Telefunken e del commissario Rex. 
Vorrei però soffermarmi sul comportamento di questi due personaggi, Di Maio e Salvini, che fanno dei giri immensi e poi ritornano. Una sorta di teatro dell'assurdo con tanto di atti ben marcati. 
Dal governiamo noi di centro destra all'alleanza offerta dal M5S al Pd (ma esiste ancora?) che ci vuol pensare ma viene fermato dal segretario dimesso che poi tanto dimesso non lo è.
Primo colpo di teatro con il contratto degli italiani, senza scrivania e senza Vespa, per formare il governo Di Maio-Salvini senza Di Maio- Salvini perché pare cha a bim bum bam non abbiano trovato nessuno in grado di fare i conti. 
Punto e a capo. 
Terzo atto, spunta un Conte, insomma un non eletto dai cittadini come prima dicevano loro, a capo di una maggioranza politica non eletta dai cittadini come prima dicevano loro. Ma pare che avessero le dita incrociate in quel momento storico quindi valeva tutto. 
Soluzione trovate? Tutto bene finalmente gente che governa? No, perché tutte le strade portano a Savona. Del tipo se non gioca lui io me ne vado porto via il pallone, peccato che il pallone era sgonfio già in partenza. 
Nel quarto atto perché non metterci qualche bella parolina inglese, impeachment. Proprio lui, con vita breve, solo 24 ore, e solo alle prima 30 telefonate,  poi rivolta sospesa perché non si riusciva a trovare l'hashtag giusto. Succede a tutti, trattasi di blocco delle masse digitale, urge un bel antivirus e passa tutto. 
Quindi per colpa dello specchio riflesso di Mattarella la richiesta di stato d'accusa torna indietro e il pallone bucato viene gonfiato da Cottarelli appena sbrinato dal frigo della Merkel. Forse ora si gioca. 
No un attimo fuori qualcuno dice che si scherzava, che non era "o Savona o tutti a Roma", che i tedeschi alla fine li perdoniamo anche se mettono le calze con i sandali. 
Per il quinto atto aspettiamo, work in progress. 
Forse un televoto.
Politica da cinepanettone. 
lunedì 21 maggio 2018 13 vostri commenti

Ritorno al silenzio

Mi capita sempre più spesso di scuotere la testa come segno di disapprovazione mentre leggo notizie o commenti. Oramai siamo accerchiati da commentatori di tutto, paladini delle verità, moralizzatori a trecentosessanta gradi, censori o semplicemente giustizieri. 
Ieri ancora una volta una tragedia familiare. Una donna uccisa, un uomo che getta la propria figlia da un cavalcavia e poi il suicidio. Una storia da brividi colma di tristezza.
Non voglio parlare di questo, non riesco, non posso, ma soprattutto ripeto non voglio. Credo fermamente che davanti a fatti del genere bisognerebbe fermarsi, non dire una parola, ma casomai riflettere e cercare di capire come mai in questa società ci ritroviamo spesso a commentare fatti del genere. 
Viviamo di approcci sbagliati, di episodi che spesso vogliamo immortalare con il nostro cellulare, attimi di notorietà da social network strappata grazie ad un misero commento. 
Ieri ne ho letti tanti, ogni volta mi riprometto di non farlo, poi ci ricasco. Gente che invitava al suicidio, al linciaggio. Persone che dimenticano che spesso la via giusta è quella del silenzio. 
Tutto ciò mi spaventa, devo essere sincero, non lo si scopre adesso ma ogni volta è come ricevere dieci pugni in pancia contemporaneamente. 

venerdì 18 maggio 2018 15 vostri commenti

Coperta corta


E' davvero importante la libertà di pensiero, poter esprimere le proprie idee, battersi e schierarsi da una parte o dall'altra. Però le prese di posizione dovrebbero essere possibilmente accompagnate da fatti, spiegazioni o ancora più dettagliatamente come in questi casi da coperture. 
Badate bene che non è un regola che dovrebbe valere solo ora, ma da sempre. Il problema è che ormai siamo entrati in un corridoio buio con appesi alle pareti manifesti che invitano a spararla più grossa, a cercare l'appoggio di chiunque basta governare.
Un strada davvero pericolosa quella intrapresa, e non iniziata ora ma da parecchio, non voglio nemmeno commentare la frase inutile di Di Battista che invita ad ascoltare i bar. Essere manichei e categorici non porta mai a degne conclusioni, in molti casi la cosiddetta strada ci ha indicato la via giusta in altri invece ha sparato bazzecole supersoniche, sostenuto personaggi imbarazzanti, ventenni logoranti nonché quarant'anni di democrazia cristiana. 
Qui il problema è ancora un altro. 
Ci sono dei personaggi che hanno stilato un programma sulla scia del voto facile, fregandosene completamente dei conti, delle coperture e delle possibilità. Ma a pensarci bene davvero il problema poi non sono loro, perché i "Salvini" e i "Di Maio" li abbiamo sempre avuti sul pianerottolo di casa, abbiamo preso aperitivi con loro e pranzato assieme. 
Un paese profondamente di destra dove anche la sinistra non ha quasi mai avuto il coraggio di comportarsi da sinistra vera. 
Il risultato è questo.
mercoledì 16 maggio 2018 8 vostri commenti

Cinque secondi


Quante volte facciamo delle scelte, prendiamo delle decisioni che ci fanno prendere una strada, deviare un percorso, accelerare o decelerare. Situazioni in cui siamo di fronte ad un bivio e che alla fine ci hanno portato alla situazioni attuale. 
Credo davvero che sia capitato a tutti, più di una volta. La prima cosa che mi viene in mente dicendo questo è la mia scelta di non fare il militare, ovvero di fare l'obiettore di coscienza come si diceva una volta. Decisione che mi ha portato alla fine al mio lavoro, passando però attraverso prima per un divorzio e poi all'incontro con la persona che ora è mia moglie. Ne avrei davvero tante, ma ripeto tutti noi nel nostro cassetto nascosto molto probabilmente abbiamo la lista delle nostre porte scorrevoli che abbiamo attraversato oppure no. 
Qualche ora fa ne ho vissuta proprio una. 
Nella foto potete vedere un albero caduto in mezzo ad una strada della mia città, Genova, cinque secondi prima proprio in quel punto passavo io con la mia moto oltre alle macchine che si possono intravedere. Nessuno si è fatto male. 
Destino. Caso. Protezione divina. Semplicemente fortuna. Francamente non so che dire. Una cosa però la so, questa caduta ha rafforzato in me la consapevolezza di dovere vivere ogni giorno al massimo che si può, cercando di dare spazio alle persone che amiamo, quelle con cui stiamo bene e che ci fanno stare bene.
Il resto è superfluo.
venerdì 4 maggio 2018 13 vostri commenti

Per favore invadeteci

Inizia a somigliare molto a quei giochini stupidi nei quali ricomincia tutto daccapo. 
Grillo che torna vivo esclamando a grande voce che ci vuole un Referendum sull'euro quando 5 minuti prima i grillini come per magia erano tutti europeisti.
Renzi dal suo grande pulpito di consensi mai avuti che dirige un partito barzelletta ormai in preda al delirio e alle peggiori crisi isteriche. 
Salvini che torna a fare il duro sulle ruspe e parla di sbarchi che riprendono dopo che per più di un mese si è travestito da grande statista.
Berlusconi che se la ride, da anni ormai, perché ha sempre il paese in mano. 
A questo punto non scarterei l'ipotesi di richiesta di invasione. 

mercoledì 25 aprile 2018 12 vostri commenti

Resistere perché la strada è in salita


Ci sono strade difficili da percorrere da soli. Soprattutto quelle strette e buie. Quando inizia la salita poi si cercano mani, grandi o piccole che siano, in grado di sorreggere. Così come la strada per la libertà.
Mai scontata. Mai al sicuro. Da difendere.
"Andiamo alla parata papà".
"Si Greta".
Sempre.

Buona Liberazione!

venerdì 20 aprile 2018 12 vostri commenti

Fermi

Un giorno qualcuno scriverà sui libri di storia come abbiamo fatto a finire in questa situazione. Le ragioni saranno tante, non solo politiche, ma anche sociali, derivanti da comportamenti dei singoli cittadini. Gli stessi che dopo aver tirato le monetine a Craxi, idolatrato Di Pietro, nelle urne il voto lo diedero a Berlusconi. 
Così adesso ci ritroviamo con due personaggi, Di Maio e Salvini, e i loro rispettivi movimenti, che si presentano con un programma fatto di pongo, modificabile a seconda dell'esigenza, a secondo dei voti che uno vuole prendere. Tendendo la mano da una parte e un po' dall'altra tanto per entrare nella stanza dei bottoni. Poi il resto poco importa. 
Questa è la politica dell'oggi l'Unione Europea va abolita, domani invece ne voglio far parte, dell'oggi voglio pagare il caffè con la lira e domani prendere lo stipendio in euro, del vaccini no, vaccini si e vaccini forse. 
Nel frattempo abbiamo aziende che chiudono, contratti imbarazzanti con sempre meno diritti e stipendi fermi da anni, conti correnti in picchiata tanto che nel 2017 anche la Spagna ci ha superato. 
Ma noi siamo lì con la Casellati vien dal Mare alla ricerca di una maggioranza che ha preso la maggior parte dei voti sull'onda della paura del diverso, in un teatrino dove il principale interprete è sempre lo stesso da più di vent'anni ormai. 
Con tanto di consenso degli italiani. 

lunedì 16 aprile 2018 11 vostri commenti

Cardiopatici a fasce orarie

Abbiamo un nuovo modo di pensare alla salute a Genova.
Stare male in determinate ore e soprattutto in precise zone.
Quindi se a qualcuno malauguratamente dovesse venire l'idea di avere qualche problema cardiaco nei pressi dell'Ospedale Galliera, ovvero in centro, ecco meglio cambiare piano. 
Perché dal 17 aprile al 7 maggio il pronto soccorso non prenderà pazienti con problemi cardiopatici deviandoli da altre parti. 
Motivo?
Un solo angiografo in tutta la struttura che potrebbe non essere disponibile per le urgenze.
Nel frattempo Toti e company si fanno i selfi e continuano a svendere la sanità pubblica pubblicizzando quella privata, investendo sempre meno per portare la gente a dire "beh allora meglio andare da un privato".
Il problema è che c'è gente che a questi personaggi continua a dare il voto. 
Scherzano con la salute delle persone. 

giovedì 12 aprile 2018 20 vostri commenti

Paraocchi

Abbiamo una nostra particolare concezione della realtà.
Viviamo nei nostri mondi imbottiti di silicone, illuminati da insegne traballanti e vetrine piene di niente. 
Non andiamo al di là del nostro corridoio con il pensiero accorgendoci di ciò che ci circonda solo nel momento in cui possiamo diventare attori principali oppure subire un danno. 
E' un po' come camminare con la testa in giù con gli occhi sul telefonino mentre intorno le strade crollano e i palazzi cadono lasciando solamente la nostra piccola striscia per procedere verso il nulla. 
Ecco. 
Così noi ci accorgiamo della guerra.
Che c'è già.
Non che rischia di iniziare. 

martedì 3 aprile 2018 12 vostri commenti

Senza misura d'uomo

Nel 1969 Alexander Mitscherlich scriveva ne "Il Feticcio urbano" che "le nostre città e le nostre abitazioni sono prodotti della fantasia e della mancanza di fantasia, della grandiosità quanto della meschina testardaggine. Ma consistendo di una dura materia, hanno anche l'effetto proprio degli stampi; noi non possiamo adattarci ad esse. Questo modifica, in parte, il nostro atteggiamento, il nostro essere. Si tratta alla lettera di un circolo fatale, tale da determinare un destino; gli uomini si creano nella città uno spazio per la loro vita, ma non meno un ambito d'espressione con sfaccettature innumerevoli, e tuttavia tale configurazione urbana determina a sua volta il carattere sociale degli abitanti".
Volendo tradurlo potrebbe significare quello che dicevano i nostri vecchi parlando dei genovesi, ovvero che  il venire su tra monti e mare, lo spazio stretto, non ci ha permesso di essere socievoli verso il prossimo. 
Al di là di questo, vi assicuro che un pezzo di focaccia non lo si nega a nessuno, oggi prendendo in mano questo pamphlet di 50 anni fa mi è sembrato di scorgere un'analisi che possiamo riportare ai giorni nostri. Perlomeno parole che potrebbero farci riflettere sul nostro modo di vivere e come plasmiamo alla fine i luoghi dove abitiamo, o meglio come di modificano loro.
Spesso mi capita di sentir dire che Genova era molto più bella una volta, magari anche questo fa parte del mugugno, ma  guardando foto in bianco e nero e più di una volta ho trovato strutture più a misura d'uomo. Tempi diversi, questo è chiaro.
Se cinquant'anni fa scrivevano cose del genere cosa potremmo mai direi al giorno d'oggi. Non sono mai stato uno di quelli che in maniera manichea si è schierato contro il progresso, in questo caso architettonico, mi pare però che si possa sostenere la tesi che il nostro modo di essere subisca profonde influenze da ciò che gli sta attorno. In una certa misura si può parlare di scambio reciproco ma la bilancia ultimamente mi pare pesi più da una certa parte. 
Mancanza di idee, incapacità di cogliere i segnali del nuovo oppure l'architettura che insegue il profitto?
Chissà magari come dice Mitscherlich il destino delle città è di essere istigatrici di discordia.
martedì 13 marzo 2018 26 vostri commenti

1 su 4

Dodicimilioni e mezzo. 
Mentre si sta cercando la formula alchemica per mettere insieme Pd, M5s, Lega o il movimento W la Fisica ci sono sempre loro in questo paese che rappresentano la maggioranza. 
Chi non è andato a votare, dato più alto dalle elezioni del 1948 ad oggi.
L'unica costante che possiamo ritrovare in tutte le ultime tornate elettorali è che la maggior parte degli schieramenti davanti ai risultati continua a non prendere in considerazione coloro che decidono di non andare al seggio.
Vero è che che in questo dato magari possiamo trovare molti di quelli del "son tutti uguali" e che non leggono nemmeno i programmi.
Una percentuale di quelli che "ah perchè ci sono le elezioni oggi?".
Un altro numero di coloro che non sanno nemmeno dove hanno messo la tessera elettorale o l'hanno imbottigliata e spedita nelle isole Figi.
Tutto vero. 
Ma in quei 12 milioni e mezzo di elettori credo sia doveroso dire anche che esiste una grossa fetta di persone che non si riconoscono negli schieramenti, nemmeno in quelli cosiddetti di "protesta", nemmeno in quelli estremi per non parlare di quelli moderati.
Ecco magari iniziare a porsi delle domande, sull'identità di queste persone, sulla loro decisione di non leggere nemmeno i programmi o leggerli ma subito dopo buttarli potrebbe servire.
Forse.
giovedì 8 marzo 2018 18 vostri commenti

La gggente


In questo periodo si sente spesso dire "è la gggente (non è un errore) che lo chiede", mi stavo domandando... ma stiamo parlando della stessa gente che disse si al taglio sulla scala mobile? la stessa che per anni disse che la mafia non esiste? la stessa del voto di scambio? la stessa che guardava con occhi stralunati chi parlava di stragi di stato? la stessa che il giorno prima tirava le monetine alla prima repubblica sostenendo il pool di Mani Pulite e poi nel 1994 votò Forza Italia? la stessa che in un referendum disse si al conflitto di interessi berlusconiano? la stessa che nonostante le infinite leggi ad personam di Berlusconi continua a votarlo? la stessa che si fa pregare per scendere in piazza e poi non viene? La stessa che diserta le assemblee sindacali e ci viene solo si parla del suo problema? la stessa che non si iscrive ad un sindacato "perchè fate tutti schifo" però poi ti ferma perché ha bisogno? la stessa che lo sciopero è giusto solo se riguarda la mia situazione e se lo fanno gli altri rompono le balle al traffico? la stessa che si lamenta della legge Fornero, del Jobs Act e poi scopri che non ha mai fatto un'ora di sciopero? 
Mica per altro, solo per avere più chiara la situazione e aggiornare il database delle definizioni.
venerdì 2 marzo 2018 10 vostri commenti

Avvertimento

In questi giorni in cui da destra a sinistra (?) si chiede il licenziamento dell'insegnante di Torino mi è tornato in mente il silenzio sostanzialmente generalizzato di fronte alle tante promozioni dei condannati della "macelleria messicana" della Diaz. Di fronte alle parole di violenza nella caserma di Bolzaneto o alle manganellate gratuite ad anziani inermi in corso Italia a Genova.
Non ricordo la stessa indignazione, davvero. Sempre tutti al proprio posto.
Io non manifesto in quella maniera, che mi fa tornare in mente l'adoslescienza,  probabilmente avrò anche urlato frasi pessime soprattutto in età più giovane, anche in quella avanzata non mi ergo su un piedistallo, ma ciò non toglie che gli ultimi risvolti mi portino a pensare che siamo in un momento in cui si fa il filo all'elettorato di destra. Una condanna a fini elettorali.
Ho parecchi vuoti e non ricordo nessuna dichiarazione rispetto all'insegnante che si fa fotografare inneggiando al fascismo.
Non ho visto indignazione per quel personaggio candidato di Forza nuova che inneggia al nazismo che se votato potrà sedersi in parlamento e quindi futuro dipendente pubblico. 
Andando a memoria, perchè è molto tempo che non frequento quei luoghi, ricordo cori di tutta una gradinata contro la polizia, le stesse parole della professoressa. Per non parlare dei cori contro l'arbitro. 
Mi pare che ci sia una bella dose di ipocrisia del bel paese in questa vicenda condita con lo storico lato illiberale italico.
Evito di commentare quelli che non so per quale motivo tirano in ballo gli insegnanti sessantottini. Gente che dovrebbe riflettere su quel momento storico, dove sono anche stati commessi errori, ma dopo un'attenta lettura potrebbero magari capire che molte delle cose di cui abbiamo goduto fino ad oggi sono state fatte anche grazie alla spinta del sessantotto.
Al di là del fatto in questione, rischiare di essere licenziati per avere urlato determinate frasi in un corteo mi sembra un precedente molto pericoloso.
Una sorta di avvertimento per il futuro.
Sempre più nero. 
lunedì 26 febbraio 2018 14 vostri commenti

A volte tornano, qui spesso.

Alla fine siamo arrivati al rosario nella mano destra e dall'altra il Vangelo con tanto di sfondo della Costituzione, manca il canarino fuori dalla finestra e l'Italiano vero è fatto. 
Stiamo parlando di un personaggio, Salvini,  che qualche anno fa voleva bruciare la bandiera italiana e ora invece la innalza come simbolo del suo partito. Quello che del prima i piemontesi, i siciliani, i sardi, i marchigiani. Uno che nei suoi post riesce anche ad infilare De André, che cita Sandro Pertini dicendo che anche lui sarebbe stato per il "prima gli italiani". La follia della comunicazione. 
Se vogliamo dirla tutta quello che in questo momento a mio avviso rappresenta meglio gli italiani. 
Spero di sbagliarmi ma credo che la sera del 4 marzo ci troveremo catapultati nuovamente a 24 anni fa, con una maggioranza di Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia. Con un contorno di movimenti di estrema destra a sostenerli. 
Dico questo perché sento i discorsi nei corridoi, sui social (che sarebbe meglio abbandonare) ma non solo ultimamente. 
Se dopo 24 anni esiste ancora una percentuale di italiani tra il 15-18%, direi, decisa a dare il voto ad uno come Berlusconi è chiaro che questo paese ha un problema non da poco. Basterebbe citare tutte le leggi vergognose che i suoi governi hanno fatto. Ma qui si dimentica facilmente. 
Dall'altra parte vedo che a sinistra siamo quasi più impegnati a denigrarci uno con l'altro, come a volersi rubare qualche manciata di voti, una sorta di ammissione che non siamo più capaci a parlare al cuore della gente e quindi i consensi li cerchiamo tra di noi. 
Spero di sbagliarmi ma il futuro mi sembra alquanto nero. 
martedì 6 febbraio 2018 24 vostri commenti

E' normale

Tutto rientra ormai nella normalità. Qualche giorno sulle prime pagine dei giornali, indignazione o esaltazione tramite social. Punto. 
Uscire di casa con una pistola carica, salire in macchina, puntare gli immigrati e sparare contro persone e vetrine rientra nella normalità di una società che ha deciso di non leggere certi messaggi. 
Dichiarare solidarietà ad un uomo che spara in mezzo alla folla è ritenuto normale. 
Entrare in una riunione democratica, interromperla e leggere un comunicato fascista, con tanto di divisa squadrista e metodi allegati rientra nella normalità.
Scrivere nel giorno della memoria insulti xenofobi rientra nella normalità.
Una specie di mondo sottosopra dove chi cerca di professare parole di accoglienza, di democrazia, di lotta al fascismo viene tacciato come fuori dalla storia. Superato. 
E' una situazione preoccupante. Dimentichiamo tutto facilmente, abbiamo già messo da parte la testata di un intervistato ad un giornalista e le manifestazioni per ricordare i repubblichini. Ragazzate per molti. 
Le ragioni sono tante e anche i colpevoli, ma fondamentalmente questo è un paese che non ha mai smesso di essere fascista, riprendendo i connotati abbandonati per un attimo già a partire dal 1946.  Siamo quelli del non sono razzista/fascista però... Un mix pericolosissimo in un momento in cui la sinistra perennemente divisa non riesce più a parlare alla gente, e nello stesso tempo la gente non ascolta e ha messo da parte valori fondamentali. Che richiedono impegno e fatica.
Sottovalutiamo la Storia che cerca di insegnarci cose già viste, pagine strappate che fa comodo non vedere. 
E' buio.

giovedì 1 febbraio 2018 15 vostri commenti

Discesa senza particolari


Siamo accerchiati dall'individualismo ma con molta probabilità non ci accorgiamo del particolare. Quel dettaglio che può significare molto in una persona, una caratteristica di chi abbiamo di fronte in quel momento. 
Forse il qui ed ora sono stati spodestati dall'aggrovigliarsi dei pensieri quotidiani. Può capitare, a me succede parecchio, di essere fisicamente in quel momento presente ma col pensiero ad altro, perdendo così il particolare di quella situazione. 
Credo stia succedendo in tutti gli ambiti delle nostra vita. Sul lavoro la vecchia catena di montaggio è entrata a pieno diritto nelle relazioni umane. Dentro uno fuori l'altro, caselle all'interno di un bilancio. Luoghi dove le persone particolari danno anche fastidio, da evitare. 
Mi tornano in mente gli attimi passati alle elementari e alle medie a giocare a colletto con le figurine dei calciatori, un'attenzione ad un particolare che richiedeva tempo, voglia e pazienza. Tre cose che sembrano non appartenere a questo periodo. Magari mi sbaglio e come spesso succede tutto torna e ritorna. 
Forse è solo colpa di questo momento elettorale che mi mette tristezza per le cose che si sentono e soprattutto che non si sentono in giro, per le candidate photoshoppate che hanno messo nel loro programma l'abolizione delle occhiaie,  forse è per il Casini Houdini, o per Salvini capolista in Calabria,  forse per l'ennesimo ritorno del Caimano che sostanzialmente non se n'è mai andato visto che è dentro ad ogni italiano o semplicemente perché stiamo assistendo all'ennesima gara di chi sta più a sinistra (o a destra a seconda di come la si pensi) dell'altro. 
Chissà magari prima la nostra discesa come biglie si arresterà.
Forse.
lunedì 15 gennaio 2018 14 vostri commenti

Sdoganamento totale

Mente a sinistra si assiste all'ennesima sfida di chi ce l'ha più a sinistra dell'altro a Genova rispuntano i coltelli. 
Ma sembra non interessare molti, anzi per qualcuno ci sta, se lo sono meritato, perché le zecche rosse lo fanno da sempre. 
Succede anche questo. 
Una decina di ragazzi e anche qualche meno giovane vanno ad appendere manifesti per Genova Antifascista in giro per la città. Decidono di metterli anche in una zona dove da poco è stata aperta la sede di Casapound, che già a Genova suona male. 
Succede che da quella sede escano in 25-30 con spranghe, cinture e bastoni. 
Succede che i ragazzi scappino e che uno cada a terra. 
Succede che qualcuno torni indietro ad aiutarlo. 
Poi una lama.
Come qualcuno ha detto sui social "ma ce l'hanno anche i boy scout ormai". 
Già perché ormai si sdogana tutto e poi si arriva a questo. 
Il fascismo 2.0 però è sveglio, è in grado di comunicare, quindi subito un bel comunicato in cui si dice che figuriamoci se loro hanno accoltellato, che sono solamente usciti per mandare via i rossi che infastidivano qualcuno. Perché aiutano gli italiani mica li accoltellano loro.
Alla prossima. 
Magari nel silenzio della notte sentiremo un passo dell'oca. 
Ma so' ragazzi. 


martedì 2 gennaio 2018 19 vostri commenti

Veloci da perdersi

Non sono un credente praticante ma ho sempre amato le feste fin da piccolo. 
Per la mia famiglia erano un appuntamento fisso da rispettare. Natale, Santo Stefano, capodanno, Befana e altro. 
Ci si riuniva di solito nella casa più grande perché eravamo molti. Non vi sto ad elencare i piatti che potevamo trovare sulla tavola, erano tempi differenti. Ora si mangia tanto in parecchie situazioni, una volta erano quelle le occasioni particolari dove si potevano avere due prima e qualche secondo. 
Erano momenti in cui si stava a tavola, parecchio, seduti a parlare senza cellulari o suonerie a distogliere l'attenzione. Il racconto era padrone, gli aneddoti che gli anziani raccontavano come a voler tramandare a noi ricordi che avremmo dovuto poi portare dietro nel tempo. 
Si giocava per ore a tombola, mercante in fiera e settemezzo.
Difficile ora pensare a tutto ciò.
Vedo in molti ragazzi, e non solo, la noia nello stare a tavola a parlare. Come se ci fosse una costante spinta ad andare verso altro, possibilmente più veloce. 
Non sto dicendo che tutto ciò che ci circonda in questo momento non vada bene e nemmeno che prima era tutto meraviglioso da incorniciare. No. Mi pare però che tutto accada troppo velocemente e che ora si inizino a perdere di vista le cose importanti. 
Una chiacchierata in più con un nonno. 
Una telefonata per sapere come vanno le cose. 
L'importanza di esserci ad una festa, non solo fisicamente.
Semplicemente fermarsi e raccontare.
Ascoltare.

Latest Tweets

 
;