Clarissa Pinkola Estés
I tempi del "tanto non serve a niente"
Clarissa Pinkola Estés
Un anno fa, dopo la morte di mamma, Greta mi disse “ora papà dobbiamo aspettare la cicatrice ma non dimenticare”.
Mi porto dietro da tempo un bagaglio a mano di parole di cura, medicine da prendere al bisogno, rilasciate nel tempo da stelle che ho incontrato.
Queste su tutte.
E’ dura però, perché certe cicatrici impiegano tanto per rimarginarsi. Hanno bisogno di cura, la stessa che mamma con il suo sorriso, anche nella drammaticità di una malattia degenerativa, riusciva a donare.
Ora il vuoto è tanto, ed io, abituato a voler sistemare le cose, di fronte a questo arranco.
Così i bei ricordi si mischiano a troppe immagini di dolore di un anno fa. Fotogrammi difficili da dimenticare.
Come quella notte tra il 21 e il 22 agosto, papà che accarezzava la donna che ha amato per tutta la vita, guardarmi chiedendomi se era finita davvero.
Ora proviamo ad andare avanti, scorrendo le immagini di una vita, come seduto guardando dal finestrino del treno. Amavo farlo da piccolo.
Col ricordo a quella sensazione che ancora sento “se mi stringi forte fino a ricambiarmi l’anima”.
Ma è un film che va di fretta.
E io sono alla ricerca della pausa.
Magari per un fotogramma.
Il tuo sorriso.
A Genova questi 3 giorni di luglio non saranno mai giornate normali.
24 anni fa nella mia città venne sospesa la democrazia e le strade si trasformarono in una macelleria legalizzata, un piano premeditato per distruggere un movimento che faceva paura, perché in grado di smuovere coscienze, risvegliare i popoli da un torpore, aprendo gli occhi su ciò che poi stiamo vivendo in questo momento.
Quei ragazzi avevano ragione. Avevamo ragione e ci hanno massacrato.
Una lezione impartita con tanto di spartito scritto dal Governo Italiano. Manifestazioni autorizzate attaccate dai blindati.
Temo che oggi pochi sappiano di quelle giornate e si rendano conto di ciò che è successo a Genova, derubricando tutto con la solita frase "se la sono cercata".
La frustrazione è tanta vedendo gli eredi di quel governo ancora al potere, sapere che tutti quelli che commisero dei crimini sono stati promossi.
Abbiamo il diritto e il dovere di ricordare cosa furono quei giorni, ricordare la Diaz e la macelleria da dittatura, ricordare la Caserma d Bolzaneto dove ragazze e ragazzi vennero torturati.
Ricordare, ricordare.
Così scriveva Eduardo Galeano nel Libro degli abbracci.
Siamo spesso travolti dalla frenesia della quotidianità. Immersi in un universo parallelo che ormai la realtà digitale ci ha convinti essere l'unica possibilità di relazione. Arrivati al punto che troppe volte perdiamo i volti e i nomi delle persone. Che passano così rapidamente da non lasciare il segno.
Ma noi siamo se esistiamo al plurale.
Alla ricerca di punti fissi nella nostra vita, pensando a quelli persi, cercando di ricordarli e percorrere i sentieri che ci hanno lasciato.
Una cosa è certa. Dopo questa tornata referendaria almeno ognuno di noi, che si è speso per i diritti degli altri, avrà ben chiaro con chi continuare a rimanere in rapporti e chi tagliare fuori.
Non c'è più spazio per qualunquisti, fascisti, razzisti, opportunisti, menefreghisti, ignoranti ed egoisti che guardano solo al loro praticello di casa.
Grazie a chi ci ha creduto, ci ha provato e nonostante tutto continuerà a lottare per i più deboli, con sempre meno strumenti, anche se credo che in questo paese, ma non solo, ormai la speranza sia difficile da trovare anche nel dizionario.
Ovviamente la destra sta già pensando di portare ad 1 milione le firme necessarie per chiedere un referendum.
Non ve la meritate la democrazia.
“Non so dove vanno le persone quando scompaiono, ma so dove restano” scriveva Antoine de Saint-Exupéry.
Già, è come se ogni posto alla fine tenesse una traccia, un sentiero battuto più volte che riporta alla mente diversi ricordi.
Non sappiamo dove vanno, ma cosa hanno fatto si. Sappiamo bene cosa hanno trasmesso, lasciando una polverina magica, come quella delle fate, che al tocco del ricordo ci fa volare.
Il presente è già passato, corrono uno incontro all’altro e si abbracciano.
Infinitamente.
I libri sono fatti così, ti aspettano.
Li compri, li sistemi negli scaffali oppure sul comodino.
Se ne possiedi troppi ti affanni a cercare un posto, pur sapendo che non ce n’è più.
A volte li leggi subito altre invece stanno in una sorta di anticamera.
Attendono i tempi giusti.
Così capita di riprendere in mano un classico, proprio nel giorno, 15 marzo, in cui quell’amico nelle parole di Uhlman fece il passo in avanti.
E poi quelle righe capaci di dipingere una madre, che riportano alla mente una sera di 17 anni fa quando quegli occhi erano di un azzurro color cielo, in grado di dirmi “va tutto bene”.
Nonostante tutto, nonostante il dolore.
“Non dimenticherò mai la sera in cui — avevo sei o sette anni — entrò in camera mia per darmi il bacio della buona notte. Indossava un abito da ballo e io la fissai come se fosse stata un'estranea. Mi aggrappai al suo braccio, rifiutandomi di lasciarla andare, e cominciai a piangere, cosa che la turbò molto.
Chissà se capì che non ero né infelice né malato ma che, per la prima volta nella vita, la vedevo obiettivamente com'era: una donna attraente con un'individualità tutta sua”
L’amico ritrovato.
"ogni cosa, cadendo, continua a cadere, anche quando ormai ha toccato il suolo. Perché di ogni cosa, in fondo, conta il peso. E poi una sospensione dell'angoscia, persino un calore, una specie di vago senso di Natale".
Si può lasciare alle spalle la propria famiglia. Chiudere la porta un giorno, dando dei giri di chiave definitivi. Mettere migliaia di chilometri di distanza.
Per salvarsi, si.
Leggere il libro di Bajani, "L'anniversario", è come prendere piccoli pugni nello stomaco pagina dopo pagina. Una salita faticosa, il fiato che manca, affanno, paura di non arrivare in fondo.
Una storia di violenza piscologica e fisica tra le mura domestiche. Inconcepibile per ciò che io ho vissuto, per ciò cha rappresenta per me la famiglia. Un rifugio sicuro.
Eppure è possibile.
Uno stile di scrittura che guida il lettore fino alla fine all'uscita di sicurezza.
Prendendo respiro, aria cha a volte passa anche attraverso un dolore.
C'era una volta la lettera
“Le lettere si conservano per non leggerle più: una buona volta, poi, per discrezione, si distruggono, e svanisce così, senza che noi o altri mai più si possa recuperarlo, il più leggiadro e spontaneo fiato di vita”
Non è un paese per chi si cura
Il problema Sanità a Genova ormai ha superato la soglia di emergenza.
L'Ospedale Galliera, nella figura del suo direttore, ha dichiarato che senza soldi sono a rischio servizi e stipendi.
San Martino è nella totale disorganizzazione, carenza di personale e Pronto Soccorso che ormai i genovesi cercano di evitare a prescindere data la situazione. Solo ieri sera 115 pazienti in cura con una ventina in attesa.
Notizia di oggi che al Pronto Soccorso di Villa Scassi 100 pazienti sono seguiti da un medico.
Eppure hanno rivotato coloro che negli ultimi anni hanno dato il colpo di grazia definitivo, eppure non vedo e non sento le masse per strada, ma ci saranno per il Black Friday.
Si fa davvero fatica.
Davvero.
O forse è semplicemente la mia vera faccia, che si scompone in fotogrammi come un film.
Là ho quattordici anni, qua venti, qua tren-ta... Più libri compro, più vivo.”
Il libro è quella cosa, Nicolò Gardini
Sfiorare le copertine.
Aprirne uno a caso, o quello che ti chiama. Leggere qualche riga o avere la certezza che la notte sarà lunga per volerlo finire.
E’ proprio lì che rivedo ciò che ero, che sono e che forse sarò.
In questo momento in cui spesso ci si lascia andare a dichiarazioni da stadio cerchiamo di guardare qualche numero.
Negli Stati Uniti 1 americano su 9 vive in povertà.
1 bambino su 8 vive in povertà.
38 milioni di americani non possono soddisfare bisogni di base.
108 milioni di americani vivono tra povertà e sicurezza.
1 milione di studenti americani delle scuole pubbliche non ha una casa.
2 milioni di americani non possono usufruire di acqua corrente o di un bagno.
Ogni anno ci sono 3milioni e mezzo di pratiche di sgombro, sfratti.
Milioni di persone non hanno un'assicurazione privata. Ovvero se ad un bambino viene un ascesso non può curarsi mettendosi a serio rischio. Per dire.
Dati che non tengono conto di quella povertà che non emerge.
Ecco. Questa situazione è così da sempre. Sia con i Democratici che con i Repubblicani.
In questo caso l'aggravante della vittoria di Trump sta nel suo "essere". Dice bene Jamaica Kincaid, qui ormai siamo al fascino del criminale. Qualcuno lo sta chiamando il Presidente del popolo. Quale? Verrebbe da dire. Lo stesso che ha contribuito a creare i poveri elencati sopra?
Il pensiero va ai fragili di questo mondo, a chi è vive nella povertà e verrà visto ancora di più come un peso. A chi si vedrà un muro tirato su davanti alla faccia, voluto dagli stessi che quel muro anni fa lo hanno scavalcato. A chi perderà ancora di più diritti.
Dall'altra parte quelli che si definiscono progressisti dovrebbero ripetersi come un mantra che la destra è più brava a fare la destra. Questo mondo ha bisogno del coraggio delle idee rivoluzionarie, di barricate, di far vedere che il nemico non è chi sta peggio ma chi mette i popoli contro usando il loro denaro.
Se si deve perdere si perda con idee di sinistra, vera, non finta.
Per il resto chi può metta in atto azioni di resistenza quotidiana.
Non importa essere in minoranza, importa esserci per l'altro.
Ai disabili che si sono visti tagliare i finanziamenti.
Ai servizi sociali sostanzialmente spariti e ai fondi per la salute mentale ridotti ai minimi termini.
Alle famiglie dei ragazzi autistici che hanno dovuto pagarsi le cure per la riabilitazione.
Agli operatori sanitari che ogni giorno cercano di far funzionare la sanità pubblica devastata dalla Destra.
A chi lavora in una residenza per anziani che grazie ai tagli di quelli che sostengono Bucci deve lavorare ai minimi termini.
Ai riabilitatori che devono lasciare a casa gli over 65 perché secondo la Asl nn serve riabilitarli.
A quegli imprenditori onesti che nn hanno corrotto nessuno per lavorare.
A chi ha visto morire un proprio parente perché ha dovuto aspettare per un esame mai fatto.
E tanti altri. Troppi, dimenticati.
Qui non si tratta solamente di politica, ma di indifferenza, individualismo e menefreghismo.
Oggi più che mai chi ha dato il voto a Bucci dovrebbe vergognarsi.
Dovrebbe… ma non lo capirà mai, perché vive in un mondo a parte e degli altri, dei fragili, non gli frega nulla.
“I legami che hanno nutrito la nostra vita proseguono incorporati nella nostra vita. Non solo quei legami rispetto ai quali la nostra gratitudine dovrebbe essere grande, ma anche quei legami che ci hanno ferito, fatto cadere, pugnalato. Tutto ciò che è stato fondamentale nella mia vita (nel bene e nel male) e da cui mi sono separato fa parte della mia esistenza per quello che essa è diventata.”
Massimo Recalcati, La luce delle stelle morte. Saggio su lutto e nostalgia
Siamo cantieri aperti in costruzione, a volte abbandonati, altre invece con ritmi di lavoro frenetico sempre in cambiamento.
Ogni scelta, ogni incontro, ogni angolo girato o no, potrebbe portarci al cambiamento. Mai facile, a volte spaventoso, spesso un muro invalicabile.
Incontri. Quell'uomo che mi regalò tutti i suoi libri e da quel giorno non smisi più di leggere. Il teatro e tutta la meraviglia con la quale sono venuto a contatto. Il mio divorzio un salto nell'abisso che mi ha portato poi ad una risalita verso le due luci che ora ho vicino. Anche la perdita di persone importanti negli ultimi anni. Mia madre qualche mese fa.
Legami che formano la nostra vita.
Viene da chiedersi se ci sarà mai un limite da non oltrepassare in questa società. Tutto ormai fa spettacolo, come se esistesse solamente se trasmesso, postato o ripreso.
Assistere ad una confessione in diretta di un omicidio come quello in provincia di Modena, mandata in onda come una delle tante ricette dei cuochi di turno. Il giornalista che continua a fare domande senza senso, davanti ad un uomo in evidente stato confusionale.
Mi spaventa sempre di più il vuoto delle emozioni che si coglie. Mi spaventa il vuoto che troppe famiglie devono affrontare, sole davanti a delle malattie devastanti. Fantasmi nelle nostre città che vagano con lo sguardo fisso e il pensiero occupato solamente da una cosa. Donne e uomini abbandonati dalle istituzioni, soli con la malattia.
E' una società malata che non vuole occuparsi dei malati, non li vuole neanche vedere.
Li vuole dimenticare.
A volte porta con sé nostalgia e ricordi, altre invece ci strappa un sorriso o sottolinea l'importanza delle persone che avevamo vicino.
Scrivevo così nel 2009....
"Eh si! Serata bamboccione. Divano, televisione, ho appena finito di mangiare un piatto di infinita polenta al ragù con supporto di spezzatino con patate, della serie sta notte mi addormenterò all'alba. Il tutto fatto dalla mitica mamma. Inoltre, giustamente, povera donna si è rotta di vedere il mio sorriso rovesciato e quindi logicamente è partita la ramanzina...non hai più il carattere di prima...non sorridi più...se continui così ti rovina la vita...ed io mentre mi parlava sapete a cosa pensavo. Pensavo...mia madre è una donna fantastica, non si intromette mai anche in questo periodo di "florida felicità" lascia che prenda la mia strada. Stasera però non poteva, credo proprio che da madre non sia facile vedere il proprio figlio che entra in casa col muso che pulisce per terra, no non deve essere davvero facile. Mentre parlava in me dicevo...magari ha proprio ragione, magari devo lasciare il passato alle spalle, magari devo prendere la mia vita e guidarla. Non so, tutto le volte che parlo con mia madre riesce sempre a farmi vedere una strada attraverso la quale riprendermi. Niente da fare è proprio una donna fantastica e così anche mio padre, che è appena passato vicino a me accendendosi la seconda sigaretta nell'arco di dieci minuti...penso abbia sentito il discorso e il nervosismo ora fa da padrone. Due persone splendide che stanno insieme da una vita...sembra così semplice stare insieme...forse noi non siamo più capaci, forse pensiamo troppo e viviamo poco."
Tutte le volte che parlavamo...