lunedì 28 ottobre 2013

Pubblico ergo esisto

E' davvero inquietante sapere che molte riviste scientifiche pubblicano gli studi e le ricerche di scienziati che non applicano la regola di base che dal '600 ad oggi è stata adottata dalla materia, ossia: controllare.
Già perché se vi è capitato di leggere l'ultimo numero de L'Internazionale probabilmente la lettura del servizio dell'Economist è stata accompagnata da smorfie di disapprovazione ed esclamazioni non proprio ripetibili. 
Cosa pensare di persone che abbandonano la verifica sperimentale pur di arrivare a pubblicare qualcosa, ottenendo in questa maniera finanziamenti per progetti che poi non portano a niente.
Che altro pensare di uomini e donne che modificano i risultati omettendo quelli scomodi pur di dare al mondo notizie eclatanti tali da meritare una prima pagina, delle pacche sulle spalle, un sigaro in bocca e parecchi soldi da investire.
Carrierismo e arrivismo che spingono a falsificare ricerche o ad esagerarle il tutto a danno della comunità, per non parlare dei rischi in alcuni casi per la salute.
Detto questo è giusto anche segnalare che ci sono persone oneste che seguono i protocolli scrupolosamente e che passano anni davanti ai loro progetti nei laboratori a volte senza nessuna riconoscenza o addirittura costretti a cambiare paese.
Preoccupano però i furbetti del laboratorio sparsi in tutto il mondo prodotto di una scienza sempre più mischiata al mercato in balia del denaro che non vuole prove ma utili.

11 commenti:

  1. Oddio che cosa triste, omettere/esagerare/modificare i risultati...

    Moz-

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  2. fai un giretto in qualsiasi ateneo italiano e poi ne riparliamo e soprattutto controlla quanti figli di soliti noti a 25 anni vantano centinaia di pubblicazioni e vedi quanti di questi nomi vengono imposti ai ricercatori veri dai "nobili" genitori, così poi il "figlio- di" che non ha mai saputo come si fa ricerca vincerà un concorso che il ricercatore vero non vedrà neanche col lumicino da lontano. Perché la terra dei cachi è la terra dei cachi

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  3. Cosa pensare, Ernest? Che sono dei cialtroni!
    Cristiana

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  4. Troppi profitti girano intorno alla scienza, rimpiango i vecchi scienziati che studiavano per l'umanità.

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  5. Il "tengo famiglia" è ormai diventato, con pochissime eccezioni, la regola.

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  6. Pensa che combinazione: ho appena conosciuto L'Internazionale grazie all'amica traduttrice Silvia Pareschi, e da questa settimana in poi diventerà una mia lettura abituale.
    Sul fatto in questione no comment: oggi ho finito la mia dose di bestemmie e "parulàsh"... :)

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  7. @ZioScriba. Zio è un ottima rivista. La leggo dai tempi dell'università quando era per pochi intimi, in versione cartacea da 2 lire ma i contenuti erano di valore cmq. Articoli dei paesi stranieri tradotti. Poi ho conosciuto Silvia Pareschi e il suo blog scoprendo che lei scrive proprio su Internazionale.
    Non potrei farne a meno.

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  8. Ci sono senz'altro questi furbetti che però non penso abbiano vita lunga. Un altro discorso merita questa considerazione: chi e in base a quali interessi si indirizza la ricerca?

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  9. Ernest, ricordati cosa significa holding.

    Il tuo post si spiega in due modi, il primo, tutte le holding hanno interessi di natura scientifica che fanno a cazzotti con l'etica, secondo, la gente comune non sa cosa significa scientifico, al massimo conosce lo scopone e basta.

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  10. Eccomi all'appello! Non scrivo su Internazionale, traduco Franzen per loro. E sì, è proprio una bella rivista.

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  11. ... cosa vuol dire essere figli di... in ogni senso.
    Francesca

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