Lo so dovrei essere abituato, dopo 10 anni.
Ma non è così e credo che non lo sarà mai. Il giorno prima te ne vai saluti e poi...
Troppe volte si ripetono nella giornata gesti automatici, fatti senza pensare, troppe volte ci si ferma poco con quelle persone che in fondo non chiedono tanto.
Ti ho visto entrare qui dentro. Aiutato a proteggerti da stesso che volevi stare fuori, all'aperto, nel tuo parco, nella tua strada, intento a pulire e tenere pulito.
Ho visto le prime volte che non ci volevi stare, che guardavi la porta seduto nel corridoio, aspettando sempre qualcuno, occupando il posto più vicino all'uscita come a voler dire "intanto io esco".
Ti ho rincorso più volte per strada per riportarti indietro, a volte riuscendoci e a volte rimanendo fuori per ore perché non c'era storia.
Rivolevi la tua piazza.
Forse troppe volte questa dannata fretta che ci accompagna per tutta la giornata mi ha impedito di fermarmi, di parlare di più. Forse.
Poi un giorno entri e non vedi più quel posto occupato ma non pensi che...
Poi ancora un altro giorno e un altro ancora, e ancora e ancora.
E poi chiedi e ti rispondono quello che in fondo sapevi già, perché in questi posti succede così.
Dovrei essere abituato.
Ma è impossibile.
Solo chi ci mette il cuore non si abitua. Mai.
RispondiElimina(Sapienti)
RispondiEliminaOra che non si muore più di parto
ed è raro che si cada in trincea
(certo, ci sono i cani sguinzagliati
ad azzannare – Infarto, Cancro, Ictus... –
ma non sempre finiscono la preda),
molti ne puoi incontrare: non di antichi
e antiche, no: di vecchie e vecchi,
senza onore né garbo tremolare,
coperti dieci metri contentarsi
amaramente fedeli a un bastone
o a un braccio tra pietoso e infastidito,
e quanti ne indovini, oltre muraglie
e vetrate incupite, balbettarsi
l'un l'altro non memorie non speranze
ma il programmato nulla che li sfianca
in capo a un'ora...
Eppure sono i soli
sapienti sulla terra, loro i fiori
che fanno campo e a volte primavera:
ti chini ad ascoltarli, tu che poco
sai e quel poco malamente e invano –
ma non è più la loro lingua intera.
Silvio Ramat
Faccio un lavoro anche io a cui
RispondiEliminaNON MI ABITUO MAI.
E tu devi essere fiero del tuo cuore.
hai ragione... è impossibile
RispondiEliminaGrande cuore in questo post; saluti a presto.
RispondiEliminaIl giorno in cui ti abitui è anche quello in cui è venuto il momento di smettere.
RispondiEliminaParlaci più spesso del tuo lavoro Ernest, così darai voce anche a loro...o forse meglio ancora, impareremo anche noi a dar loro ascolto.
RispondiEliminanon ci si può abituare, in nessun caso. e mi fanno incazzare anche quelli che dicono: "che ci vuoi fare, tanto era vecchio e pazzo"...
RispondiEliminabelle parole e bei commenti
RispondiEliminac'è ancora umanità là fuori
volpe
ecco ernest, non abituarti mai... ci si consuma un po' di più, ma ne vale la pena
RispondiEliminaIl tempo maledetto ... o siamo noi maledetti che non ci fermiamo a fare quello che sentiamo con la scusa del tempo (non fartene una colpa è così per molti, dobbiamo storcere insieme le lancette dell'orologio e liberare il tempo).
RispondiEliminaForse non ci si abitua o ci si pensa troppo tardi...in fondo a noi stessi abbiam paura di esser dimenticati e di sederci in quella piazza come loro.
RispondiEliminaBellissimo post
Grazie di questo post che hai dedicato a noi vecchietti- io di anni ne ho 81 - e per tutto quello che fai.
RispondiEliminaaldo.
c'è tutta la tua straordinaria bellezza interiore in questo post. P.S. E' vero che andiamo sempre di fretta. Quando si è giovani, il domani si dà per scontato e io mi porterò sempre il fardello di non aver "salutato" mio nonno, convinta di trovarlo il giorno dopo, nel suo lettino d'ospedale. Un caro saluto
RispondiElimina"restiamo umani"
RispondiElimina"... essere duri senza mai perdere la tenerezza"
"c'è bisogno di educazione sentimentale"
Grazie Ernest :-)
Diari veri i tuoi diari...
RispondiEliminasaluti da Altrove
cdA
E' la vita, e alla vita non ci si abitua mai.
RispondiEliminaSplendido post.Grazie.
Se si é persone serie, non ci si può abituare, no!
RispondiElimina...difficile abituarsi, fanno parte del tuo quotidiano e esulano dal fatto che sia il tuo lavoro, questo ti fa soffrire, non puoi farci niente e vedi di non farci niente, resta così "umano".
RispondiEliminaBuona giornata Ernest ;-))
L'abitudine fa morire anche noi...
RispondiEliminami sono emozionata...ciao Ernest
RispondiEliminaUn bel pensiero rivolto ai nostri anziani, che siamo noi fra qualche anno; bistrattati dai giovani - vecchi del futuro, sempre che un futuro abbiano - ed inaciditi, spesso, dalla vita; chi non coglie il dolore negli occhi dei nostri vecchi quando vedono come sta marcendo il mondo, non coglie ciò che lo aspetta, ed al posto del cuore ha una pietra. Conosco alcuni vecchietti che sono molto più giovani di me e della maggior parte della gente della mia età. Quando se ne va uno di questi è un colpo nell'anima. Ci si sente più soli di quanto già non si sia.
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