Sette anni fa esatti a quest'ora io e tua madre camminavamo nella nostra via, dopo una serata di focaccette al formaggio, tenendo in mano una culla vuota.
Ti aspettavamo.
"E' nata?!?" ci disse una signora.
"No no è presto la data è fra dieci giorni".
Eri già una piccola ribelle, così verso mezzanotte mentre leggevo "I Diari di Kafka" hai iniziato a farti sentire, ogni minuto sempre di più.
Come dimenticare la fuga in ospedale con me al volante per la prima volta e con indosso la maglia del Portogallo taroccata. Tua mamma che si fermava ogni due metri perché protestavi.
Poi alle 15.44 con sottofondo degli Aerosmith sei nata mentre alla radio davano "I don't Want to miss a thing" e quelle parole "Potrei rimanere sveglio solo per sentirti respirare
Vederti sorridere mentre dormi".
Sono ancora mie, nostre.
E lo faccio, ancora.
Cinque anni fa io e tua mamma camminavamo con te in braccio verso il nostro matrimonio, tra amici indimenticabili, monologhi teatrali, musica, acciughe fritte e sangria sparita in pochi secondi.
Quel sorriso di una bellissima sposa, da portare in tasca in ogni momento della giornata. Un mini kit di pronto soccorso per i momenti difficili.
Lo stesso sorriso degli anni all'Università, quando non c'erano i cellulari, ma cartoline e agende con numeri fissi che ci tenevano legati.
In questo momento di incertezza totale, l'unica cosa certa è che voglio stare sempre di più con voi.
Ora camminiamo, insieme, anche tra difficoltà, fermandoci solo, come dice Greta, per un "abbraccio collettivo".
Stretti, sempre.