Quanto pesano le parole? Quanto valore diamo loro nel momento in cui vengono dette?
Mia madre è malata. Da quatto anni purtroppo ha una di quelle malattie che si faticano anche a pronunciare. Quelle che sembrano così distanti quando non toccano da vicino.
Parkinson, questa è stata la diagnosi, ma siccome non ci facciamo mancare nulla e siamo particolare non bastava il la versione classica della malattia, ci siamo buttati su qualcosa di diverso. Parkinson atipico.
Che fare? Le medicine purtroppo in questo caso possono fare poco, anzi pochissimo, l'unica arma a disposizione è la riabilitazione, tanta e quotidiana. In questo caso dovremmo ritenerci "fortunati" perché essendo "atipici" abbiamo avuto la possibilità di essere seguiti dall'Aism, già perché se invece uno ha "solamente" il Parknson, beh in quel caso si deve arrangiare. Riabilitazione ogni tanto, cioè dopo mesi, e poi a pagamento. Se uno può.
Ma dicevo le parole, già. Dico così perché ieri una persona, sicuramente senza pensarci, mi ha detto una frase che mi ha lasciato di sasso. "Tua madre è sempre peggio... era una donna così carina". Mentre ascoltavo confesso di aver lasciato la conversazione per qualche minuto, alla ricerca di una ragione di parole come queste.
Si è vero le cose cambiano, sono cambiate, ci sono sguardi che difficilmente torneranno e sorrisi un po' più difficili e il futuro chi lo sa. Ma mia madre è sempre lei, sempre quella, sempre bella. Spesso guardandola negli occhi rivedo lo stesso azzurro di tanti anni fa, con fatica certo è necessario dirlo, quel colore che più di una volta mi ha aiutato a risollevarmi, a guardare avanti.
Ora tocca a me darle un po' di azzurro.