Cosa c'è rimasto di umano nei nostri posti di lavoro? La frenesia, i problemi di bilancio, l'avidità, l'individualismo e il classismo occupano le stanze e i reparti indirizzando le relazioni tra le persone.
Viviamo realtà davvero difficili, non parlo solo della Sanità, settore dove lavoro, ma della maggior parte dei posti. Mi capita spesso, facendo anche il sindacalista, di ascoltare storie di lavoratori stanchi, in preda al burnout, impauriti, legati alla propria professione ma frenati dai continui richiami solo alla produttività, direzione che può portare solo alla scarsa attenzione verso le persone.
E' un treno impazzito che si sta dirigendo contro un muro alla massima velocità. Spesso ci si sente inermi, accerchiati da chi ha perso, o nn ha mai avuto, l'uso dell'ascolto. Chi da per scontata la presenza delle persone, a prescindere, senza mai un riconoscimento non solo monetizzato ma umano.
Dicono che mancano i soldi. Però gli stipendi dei dirigenti non si toccano mai. Una crisi pagata, come sempre, solo da chi sta in fondo alla scala.
Conosco persone a rischio stipendio che per il bene della propria utenza vanno avanti, convinti di ciò che stanno facendo, del bene che può portare una professione.
I piani alti però, gli stessi che ci hanno raccontato che le ideologie sono morte, che le classi non esistono, non sanno fare altro che tagliare, licenziare, togliere servizi utili alla società ma poco redditizi. Le Istituzioni sono sorde, si voltano dall'altra parte.
Vi faccio solo un esempio. Sapete chi paga in ritardo i servizi di molte cooperative o enti? A volte non pagando nemmeno. I comuni e le Regioni.
Una vergogna istituzionalizzata.