martedì 3 aprile 2018 12 vostri commenti

Senza misura d'uomo

Nel 1969 Alexander Mitscherlich scriveva ne "Il Feticcio urbano" che "le nostre città e le nostre abitazioni sono prodotti della fantasia e della mancanza di fantasia, della grandiosità quanto della meschina testardaggine. Ma consistendo di una dura materia, hanno anche l'effetto proprio degli stampi; noi non possiamo adattarci ad esse. Questo modifica, in parte, il nostro atteggiamento, il nostro essere. Si tratta alla lettera di un circolo fatale, tale da determinare un destino; gli uomini si creano nella città uno spazio per la loro vita, ma non meno un ambito d'espressione con sfaccettature innumerevoli, e tuttavia tale configurazione urbana determina a sua volta il carattere sociale degli abitanti".
Volendo tradurlo potrebbe significare quello che dicevano i nostri vecchi parlando dei genovesi, ovvero che  il venire su tra monti e mare, lo spazio stretto, non ci ha permesso di essere socievoli verso il prossimo. 
Al di là di questo, vi assicuro che un pezzo di focaccia non lo si nega a nessuno, oggi prendendo in mano questo pamphlet di 50 anni fa mi è sembrato di scorgere un'analisi che possiamo riportare ai giorni nostri. Perlomeno parole che potrebbero farci riflettere sul nostro modo di vivere e come plasmiamo alla fine i luoghi dove abitiamo, o meglio come di modificano loro.
Spesso mi capita di sentir dire che Genova era molto più bella una volta, magari anche questo fa parte del mugugno, ma  guardando foto in bianco e nero e più di una volta ho trovato strutture più a misura d'uomo. Tempi diversi, questo è chiaro.
Se cinquant'anni fa scrivevano cose del genere cosa potremmo mai direi al giorno d'oggi. Non sono mai stato uno di quelli che in maniera manichea si è schierato contro il progresso, in questo caso architettonico, mi pare però che si possa sostenere la tesi che il nostro modo di essere subisca profonde influenze da ciò che gli sta attorno. In una certa misura si può parlare di scambio reciproco ma la bilancia ultimamente mi pare pesi più da una certa parte. 
Mancanza di idee, incapacità di cogliere i segnali del nuovo oppure l'architettura che insegue il profitto?
Chissà magari come dice Mitscherlich il destino delle città è di essere istigatrici di discordia.
martedì 13 marzo 2018 26 vostri commenti

1 su 4

Dodicimilioni e mezzo. 
Mentre si sta cercando la formula alchemica per mettere insieme Pd, M5s, Lega o il movimento W la Fisica ci sono sempre loro in questo paese che rappresentano la maggioranza. 
Chi non è andato a votare, dato più alto dalle elezioni del 1948 ad oggi.
L'unica costante che possiamo ritrovare in tutte le ultime tornate elettorali è che la maggior parte degli schieramenti davanti ai risultati continua a non prendere in considerazione coloro che decidono di non andare al seggio.
Vero è che che in questo dato magari possiamo trovare molti di quelli del "son tutti uguali" e che non leggono nemmeno i programmi.
Una percentuale di quelli che "ah perchè ci sono le elezioni oggi?".
Un altro numero di coloro che non sanno nemmeno dove hanno messo la tessera elettorale o l'hanno imbottigliata e spedita nelle isole Figi.
Tutto vero. 
Ma in quei 12 milioni e mezzo di elettori credo sia doveroso dire anche che esiste una grossa fetta di persone che non si riconoscono negli schieramenti, nemmeno in quelli cosiddetti di "protesta", nemmeno in quelli estremi per non parlare di quelli moderati.
Ecco magari iniziare a porsi delle domande, sull'identità di queste persone, sulla loro decisione di non leggere nemmeno i programmi o leggerli ma subito dopo buttarli potrebbe servire.
Forse.
giovedì 8 marzo 2018 18 vostri commenti

La gggente


In questo periodo si sente spesso dire "è la gggente (non è un errore) che lo chiede", mi stavo domandando... ma stiamo parlando della stessa gente che disse si al taglio sulla scala mobile? la stessa che per anni disse che la mafia non esiste? la stessa del voto di scambio? la stessa che guardava con occhi stralunati chi parlava di stragi di stato? la stessa che il giorno prima tirava le monetine alla prima repubblica sostenendo il pool di Mani Pulite e poi nel 1994 votò Forza Italia? la stessa che in un referendum disse si al conflitto di interessi berlusconiano? la stessa che nonostante le infinite leggi ad personam di Berlusconi continua a votarlo? la stessa che si fa pregare per scendere in piazza e poi non viene? La stessa che diserta le assemblee sindacali e ci viene solo si parla del suo problema? la stessa che non si iscrive ad un sindacato "perchè fate tutti schifo" però poi ti ferma perché ha bisogno? la stessa che lo sciopero è giusto solo se riguarda la mia situazione e se lo fanno gli altri rompono le balle al traffico? la stessa che si lamenta della legge Fornero, del Jobs Act e poi scopri che non ha mai fatto un'ora di sciopero? 
Mica per altro, solo per avere più chiara la situazione e aggiornare il database delle definizioni.
venerdì 2 marzo 2018 10 vostri commenti

Avvertimento

In questi giorni in cui da destra a sinistra (?) si chiede il licenziamento dell'insegnante di Torino mi è tornato in mente il silenzio sostanzialmente generalizzato di fronte alle tante promozioni dei condannati della "macelleria messicana" della Diaz. Di fronte alle parole di violenza nella caserma di Bolzaneto o alle manganellate gratuite ad anziani inermi in corso Italia a Genova.
Non ricordo la stessa indignazione, davvero. Sempre tutti al proprio posto.
Io non manifesto in quella maniera, che mi fa tornare in mente l'adoslescienza,  probabilmente avrò anche urlato frasi pessime soprattutto in età più giovane, anche in quella avanzata non mi ergo su un piedistallo, ma ciò non toglie che gli ultimi risvolti mi portino a pensare che siamo in un momento in cui si fa il filo all'elettorato di destra. Una condanna a fini elettorali.
Ho parecchi vuoti e non ricordo nessuna dichiarazione rispetto all'insegnante che si fa fotografare inneggiando al fascismo.
Non ho visto indignazione per quel personaggio candidato di Forza nuova che inneggia al nazismo che se votato potrà sedersi in parlamento e quindi futuro dipendente pubblico. 
Andando a memoria, perchè è molto tempo che non frequento quei luoghi, ricordo cori di tutta una gradinata contro la polizia, le stesse parole della professoressa. Per non parlare dei cori contro l'arbitro. 
Mi pare che ci sia una bella dose di ipocrisia del bel paese in questa vicenda condita con lo storico lato illiberale italico.
Evito di commentare quelli che non so per quale motivo tirano in ballo gli insegnanti sessantottini. Gente che dovrebbe riflettere su quel momento storico, dove sono anche stati commessi errori, ma dopo un'attenta lettura potrebbero magari capire che molte delle cose di cui abbiamo goduto fino ad oggi sono state fatte anche grazie alla spinta del sessantotto.
Al di là del fatto in questione, rischiare di essere licenziati per avere urlato determinate frasi in un corteo mi sembra un precedente molto pericoloso.
Una sorta di avvertimento per il futuro.
Sempre più nero. 
lunedì 26 febbraio 2018 14 vostri commenti

A volte tornano, qui spesso.

Alla fine siamo arrivati al rosario nella mano destra e dall'altra il Vangelo con tanto di sfondo della Costituzione, manca il canarino fuori dalla finestra e l'Italiano vero è fatto. 
Stiamo parlando di un personaggio, Salvini,  che qualche anno fa voleva bruciare la bandiera italiana e ora invece la innalza come simbolo del suo partito. Quello che del prima i piemontesi, i siciliani, i sardi, i marchigiani. Uno che nei suoi post riesce anche ad infilare De André, che cita Sandro Pertini dicendo che anche lui sarebbe stato per il "prima gli italiani". La follia della comunicazione. 
Se vogliamo dirla tutta quello che in questo momento a mio avviso rappresenta meglio gli italiani. 
Spero di sbagliarmi ma credo che la sera del 4 marzo ci troveremo catapultati nuovamente a 24 anni fa, con una maggioranza di Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia. Con un contorno di movimenti di estrema destra a sostenerli. 
Dico questo perché sento i discorsi nei corridoi, sui social (che sarebbe meglio abbandonare) ma non solo ultimamente. 
Se dopo 24 anni esiste ancora una percentuale di italiani tra il 15-18%, direi, decisa a dare il voto ad uno come Berlusconi è chiaro che questo paese ha un problema non da poco. Basterebbe citare tutte le leggi vergognose che i suoi governi hanno fatto. Ma qui si dimentica facilmente. 
Dall'altra parte vedo che a sinistra siamo quasi più impegnati a denigrarci uno con l'altro, come a volersi rubare qualche manciata di voti, una sorta di ammissione che non siamo più capaci a parlare al cuore della gente e quindi i consensi li cerchiamo tra di noi. 
Spero di sbagliarmi ma il futuro mi sembra alquanto nero. 
martedì 6 febbraio 2018 24 vostri commenti

E' normale

Tutto rientra ormai nella normalità. Qualche giorno sulle prime pagine dei giornali, indignazione o esaltazione tramite social. Punto. 
Uscire di casa con una pistola carica, salire in macchina, puntare gli immigrati e sparare contro persone e vetrine rientra nella normalità di una società che ha deciso di non leggere certi messaggi. 
Dichiarare solidarietà ad un uomo che spara in mezzo alla folla è ritenuto normale. 
Entrare in una riunione democratica, interromperla e leggere un comunicato fascista, con tanto di divisa squadrista e metodi allegati rientra nella normalità.
Scrivere nel giorno della memoria insulti xenofobi rientra nella normalità.
Una specie di mondo sottosopra dove chi cerca di professare parole di accoglienza, di democrazia, di lotta al fascismo viene tacciato come fuori dalla storia. Superato. 
E' una situazione preoccupante. Dimentichiamo tutto facilmente, abbiamo già messo da parte la testata di un intervistato ad un giornalista e le manifestazioni per ricordare i repubblichini. Ragazzate per molti. 
Le ragioni sono tante e anche i colpevoli, ma fondamentalmente questo è un paese che non ha mai smesso di essere fascista, riprendendo i connotati abbandonati per un attimo già a partire dal 1946.  Siamo quelli del non sono razzista/fascista però... Un mix pericolosissimo in un momento in cui la sinistra perennemente divisa non riesce più a parlare alla gente, e nello stesso tempo la gente non ascolta e ha messo da parte valori fondamentali. Che richiedono impegno e fatica.
Sottovalutiamo la Storia che cerca di insegnarci cose già viste, pagine strappate che fa comodo non vedere. 
E' buio.

giovedì 1 febbraio 2018 15 vostri commenti

Discesa senza particolari


Siamo accerchiati dall'individualismo ma con molta probabilità non ci accorgiamo del particolare. Quel dettaglio che può significare molto in una persona, una caratteristica di chi abbiamo di fronte in quel momento. 
Forse il qui ed ora sono stati spodestati dall'aggrovigliarsi dei pensieri quotidiani. Può capitare, a me succede parecchio, di essere fisicamente in quel momento presente ma col pensiero ad altro, perdendo così il particolare di quella situazione. 
Credo stia succedendo in tutti gli ambiti delle nostra vita. Sul lavoro la vecchia catena di montaggio è entrata a pieno diritto nelle relazioni umane. Dentro uno fuori l'altro, caselle all'interno di un bilancio. Luoghi dove le persone particolari danno anche fastidio, da evitare. 
Mi tornano in mente gli attimi passati alle elementari e alle medie a giocare a colletto con le figurine dei calciatori, un'attenzione ad un particolare che richiedeva tempo, voglia e pazienza. Tre cose che sembrano non appartenere a questo periodo. Magari mi sbaglio e come spesso succede tutto torna e ritorna. 
Forse è solo colpa di questo momento elettorale che mi mette tristezza per le cose che si sentono e soprattutto che non si sentono in giro, per le candidate photoshoppate che hanno messo nel loro programma l'abolizione delle occhiaie,  forse è per il Casini Houdini, o per Salvini capolista in Calabria,  forse per l'ennesimo ritorno del Caimano che sostanzialmente non se n'è mai andato visto che è dentro ad ogni italiano o semplicemente perché stiamo assistendo all'ennesima gara di chi sta più a sinistra (o a destra a seconda di come la si pensi) dell'altro. 
Chissà magari prima la nostra discesa come biglie si arresterà.
Forse.
lunedì 15 gennaio 2018 14 vostri commenti

Sdoganamento totale

Mente a sinistra si assiste all'ennesima sfida di chi ce l'ha più a sinistra dell'altro a Genova rispuntano i coltelli. 
Ma sembra non interessare molti, anzi per qualcuno ci sta, se lo sono meritato, perché le zecche rosse lo fanno da sempre. 
Succede anche questo. 
Una decina di ragazzi e anche qualche meno giovane vanno ad appendere manifesti per Genova Antifascista in giro per la città. Decidono di metterli anche in una zona dove da poco è stata aperta la sede di Casapound, che già a Genova suona male. 
Succede che da quella sede escano in 25-30 con spranghe, cinture e bastoni. 
Succede che i ragazzi scappino e che uno cada a terra. 
Succede che qualcuno torni indietro ad aiutarlo. 
Poi una lama.
Come qualcuno ha detto sui social "ma ce l'hanno anche i boy scout ormai". 
Già perché ormai si sdogana tutto e poi si arriva a questo. 
Il fascismo 2.0 però è sveglio, è in grado di comunicare, quindi subito un bel comunicato in cui si dice che figuriamoci se loro hanno accoltellato, che sono solamente usciti per mandare via i rossi che infastidivano qualcuno. Perché aiutano gli italiani mica li accoltellano loro.
Alla prossima. 
Magari nel silenzio della notte sentiremo un passo dell'oca. 
Ma so' ragazzi. 


martedì 2 gennaio 2018 19 vostri commenti

Veloci da perdersi

Non sono un credente praticante ma ho sempre amato le feste fin da piccolo. 
Per la mia famiglia erano un appuntamento fisso da rispettare. Natale, Santo Stefano, capodanno, Befana e altro. 
Ci si riuniva di solito nella casa più grande perché eravamo molti. Non vi sto ad elencare i piatti che potevamo trovare sulla tavola, erano tempi differenti. Ora si mangia tanto in parecchie situazioni, una volta erano quelle le occasioni particolari dove si potevano avere due prima e qualche secondo. 
Erano momenti in cui si stava a tavola, parecchio, seduti a parlare senza cellulari o suonerie a distogliere l'attenzione. Il racconto era padrone, gli aneddoti che gli anziani raccontavano come a voler tramandare a noi ricordi che avremmo dovuto poi portare dietro nel tempo. 
Si giocava per ore a tombola, mercante in fiera e settemezzo.
Difficile ora pensare a tutto ciò.
Vedo in molti ragazzi, e non solo, la noia nello stare a tavola a parlare. Come se ci fosse una costante spinta ad andare verso altro, possibilmente più veloce. 
Non sto dicendo che tutto ciò che ci circonda in questo momento non vada bene e nemmeno che prima era tutto meraviglioso da incorniciare. No. Mi pare però che tutto accada troppo velocemente e che ora si inizino a perdere di vista le cose importanti. 
Una chiacchierata in più con un nonno. 
Una telefonata per sapere come vanno le cose. 
L'importanza di esserci ad una festa, non solo fisicamente.
Semplicemente fermarsi e raccontare.
Ascoltare.

domenica 31 dicembre 2017 12 vostri commenti

Pensierini pericolosi




Questo è il pensierino natalizio che qualche fascista ha pensato bene di donare al Teatro dell’Ortica, teatro sociale di Molassana. Scritte sui muri dell’entrata, sui vetri inneggianti il regime e il duce oltre ad altre cose che rappresentano moto bene il livello di questa gente. 
Ora molti si domanderanno chi è stato. La risposta l’abbiamo già, sappiamo benissimo chi sono i colpevoli. Sono tanti e spesso vicino a noi. 
A cominciare da quelli che leggendo gli articoli su questa vicenda, guardando le foto si ostineranno a dire che il fascismo non esiste. Colpevoli come quelli, presenti anche nelle istituzioni, che continuano a sottovalutare la deriva presa da questo paese. 
Quelli che in questi mesi hanno attaccato l’Anpi.
Quelli che in ogni risposta infilano il solito “prima gli italiani”.
Quelli che esultano quando vengono fermate persone che manifestano contro i fascismi .
Quelli che si dimenticano che le leggi contro il fascismo ci sono, scritte in maniera chiara nella nostra costituzione.
Quelli che vorrebbero muri invalicabili anche i casa loro.
Quelli che condividono notizie false.
Quelli che non si indignano per gli attacchi alle biblioteche.
Quelli che “cosa sarà mai un’altra sede di Casapound”.
Quelli che “ma loro aiutano i nostri poveri”.
Quelli che spacciandosi per sinistra da anni rincorrono posizioni di destra.
Quelli che hanno sdoganato i fascisti.
Chi ha compiuto questo gesto deve sapere che l’Ortica ci sarà sempre, continuerà ad essere un presidio socio-culturale, continuerà ad occuparsi di chi non fa notizia, delle persone che non rientrano più nei bilanci, lavorando con la psichiatria, con le donne che hanno subito violenza, con i disabili, quelli che molti italiani non vorrebbero nemmeno vedere. 
Chi ha compiuto questo gesto sappia che quelle scritte ci rafforzano perché ci danno un ulteriore prova di essere sulla strada giusta, ostinata e contraria. Non ci hanno fermato i tagli di qualche anno fa non saranno di certo queste scritte.
Le parole di Gramsci, oggi più che mai sono da ricordare, “odio gli indifferenti”.
Ecco oggi gli indifferenti sono anche colpevoli.
Orgoglioso di essere del Teatro dell’Ortica.


Auguri a tutti voi!!!
lunedì 18 dicembre 2017 11 vostri commenti

Fermiamoci

Lo diciamo spesso ma poi passata la tempesta non si fa mai. Bisognerebbe correre di meno, dare spazio alle giuste cose della vita, per assaporarla davvero. 
Ci sono eventi traumatici che funzionano da campanello d'allarme, una sorta di memo, un dito che picchia sulla schiena rispetto a ciò che stiamo facendo. 
Questa mattina davanti al posto in cui lavoro purtroppo un telo bianco con sotto una persona deceduta per uno schianto in moto contro un camion mi ha ricordato ancora una volta l'importanza del tempo passato con le persone giuste, il metro da assegnare alle cose, alle scadenze, agli appuntamenti e agli orari. 
Lo dice uno che se lo ripete spesso ma troppe volte si trova a rincorrere la lancetta dell'orologio senza alcun senso. 
Un silenzio assordante questa mattina in una strada dove sembrava si fosse fermato davvero il tempo. Ora tutto è tornato alla normalità.
La gente ha ripreso a correre, a suonare i clacson, a non fermarsi in prossimità delle strisce, a superare quando palesemente non si può.
Tutto scorre troppo velocemente in una società che ha messo la frenesia al primo posto.
Un pensiero a quella donna e ai suoi cari. 

giovedì 14 dicembre 2017 4 vostri commenti

Pietre

Le parole possono essere pietre ben piantate, ferme, in un fiume per portarci dall'altra sponda. Oppure possono essere pesi nelle nostre tasche che lentamente ci portano sotto.
Ho il ricordo di parole non dette che mi porto dietro, momenti in cui avrei voluto, avrei dovuto dire ciò che le emozioni mi portavano a provare. 
Le esperienze, soprattutto ahimè quelle brutte, ci insegnano molto anche il non rinunciare a parlare, per spiegarsi. Per questo motivo ora cerco sempre di evitare il silenzio e di non lasciare in giro del non detto.
Le parole possono fare male e spesso l'uomo se ne dimentica. Sui posti di lavoro ad esempio vengono usate spesso senza pensare, trattate con poco garbo e indirizzate verso le persone come etichette vuote. 
Ma non solo nei corridoi o nelle stanze dove lavoriamo. Anche nelle famiglie, dove purtroppo sembra che le comunicazioni siano su livelli differenti, dove a volte si rinuncia a parlare con gli adolescenti perché giudicati non in grado, perché "intanto questa è una generazione così".
Forse potremmo ripartire prendendoci cura delle parole e così anche degli altri.
giovedì 7 dicembre 2017 2 vostri commenti

Alti e bassi

E' vero bisogna cercare di giudicare le situazioni guardandole da più punti di vista. Confesso di non riuscirci sempre, ma per cercare di assecondare la diceria che gli anni dovrebbero portare maggiore riflessione a volte mi riesce. Ma solo a volte, non vorrei esagerare.
Così mi capita spesso di pensare che qualche cosa nel meccanismo dell'organizzazione del lavoro nelle aziende e nelle strutture varie non sia proprio oliato. Parlo soprattutto dei piani alti, la sensazione è che da un po' di tempo la classe dirigente abbia perso smalto, magari poi non lo ha mai avuto. 
La logica del risparmio a prescindere, del trattare la gente come un semplice numero incasellato in un bilancio sta togliendo spazio alle idee, alle innovazioni e soprattutto azzera completamente i rapporti umani.
Quindi succede di sedersi un una trattativa sindacale o magari in una riunione di equipe e trovarsi davanti delle persone che sperano in una magia dei partecipanti per risolvere un problema di competenza dirigenziale, succede che ci siano perenni avvertimenti sul fatto che non si comunichi abbastanza, succede che se ci sono dei soldi in azienda di solito vanno sempre a finire nella stessa direzione, succede che a parole tutti sembrano bolscevichi, succede che spesso i premi di produzione dei piani alti sono legati a risparmi su quelli del piano di sotto, ma soprattutto succede che i corridoi e le riunioni sono piene di Yes Man.
Succede troppo.
giovedì 30 novembre 2017 11 vostri commenti

Carneficina sociale ligure

La Liguria non è solo terra di sole sulle coste, mare e red carpet. Ultimamente è terra di conquista per le politiche liberiste soprattutto per quanto riguarda la Sanità. Una di quelle regioni in cui il centro sinistra ha sempre dato per scontata la vittoria, spesso tralasciando tematiche importanti e dando il via anni fa ai primi "risparmi" sui più deboli facendo tagli del 5% sui fondi destinati ai disabili. 
Oggi la situazione è drammatica, il presidente Toti, centro destra, nel silenzio totale anche grazie alla sua indubbia bravura di comunicatore da una parte millanta successi e tappeti rossi che attirano turisti dall'altra sta dando vita ad uno stravolgimento del sistema sanitario ligure. 
Tagli indiscriminati sui servizi agli anziani, disabili e persone seguite dalla salute mentale. Una carneficina sociale che porterà all'abbassamento della qualità dei servizi, a costi aggiuntivi per le famiglie e licenziamenti.
Solo alcuni esempi. La Regione ha deciso che in caso di un numero di assenze elevato da parte di una persona pluridisabile (quindi in alcuni casi più soggetto a malattie) non pagherà più la retta per frequentare il centro, facendo ricadere il costo per la frequenza sulla famiglia. Parliamo di 100 euro al giorno.
Altro caso. Dopo il 65 anni una persona psichiatrica ricoverata in una residenza non verrà più considerata psichiatrica, con un colpo di teatro diventerà solamente un paziente geriatrico. Quindi con una retta minore e differente assistenza.
Sono notizie che non conquistano i titoli dei giornali, che passano inosservati ma dovrebbero interessare tutti anche se in questo momento non sono cose che direttamente ci riguardano. 
Ci sono elementi che connotano il livello di civiltà di una società, questo lo è.
Oggi saremo in piazza davanti al Consiglio regionale per manifestare il nostro dissenso.
E' una lotta continua.
giovedì 23 novembre 2017 8 vostri commenti

Genova Fahrenheit

A Genova, la mia città, nei giorni scorsi degli ignoti sono entrati nella notte nella biblioteca comunale del quartiere di Molassana, in periferia, sfondando la porta ammucchiando alcuni libri per poi dargli fuoco. 
Un gesto che porta alla memoria il rogo dei testi da parte dei nazisti, gli sfregi delle dittature nei confronti della cultura. 
Segnali inquietanti che simboleggiano una deriva che sembra inarrestabile.
Atto fascista? Gesto di qualche sconsiderato? Integralisti? Una gara a chi fa più il duro? 
Non lo so. Ma chiunque sia stato ha comunque suonato nuovamente un campanello che viene purtroppo ignorato. Ci sono dichiarazioni, leggi, prese di posizioni che in questi anni, in questi mesi hanno aperto il campo alla legittimazione di personaggi impresentabili, posizionato la cultura agli ultimi posti nei bilanci. 
E' una strada sempre più in salita, stretta e ardua. Nei libri, nelle parole spesso troviamo le soluzioni e gli spunti per una convivenza civile, segni fatti di inchiostro che diventano simboli fondamentali per una democrazia.
Tutto ciò è spaventoso ma non nasce pochi giorni fa, è frutto di un continuo logoramento delle coscienze, una quotidianità che purtroppo è sempre più coniugata all'individualismo, all'intolleranza, una società che ormai si sono trasformate in un grande magazzino pieno di sconti e attrazioni. 
Stiamo perdendo di vista le cose fondamentali, e la cosa peggiore è che ci stiamo abituando al peggio guardando sempre meno in alto.
Manca l'aria.
venerdì 17 novembre 2017 4 vostri commenti

E' tempo di essere visti


L'Arca nell'immaginario collettivo, a volte dettato dal retaggio religioso indotto, rappresenta qualcosa che prova a portarci in salvo per un nuovo inizio. 


Questo il nome del Teatro all'interno delle mura circondariali del Carcere di Marassi a Genova inaugurato nel 2016. Un palcoscenico che questa mattina e domani sera abbiamo calcato e calcheremo con la Compagnia Stranità, del Teatro dell'Ortica di Genova, composta da pazienti psichiatrici, operatori, educatori, attori e cittadini. 
In scena con "Temporaneamente presenti... è già qualcosa" uno spettacolo basato sulle parole, le storie e la vita delle persone psichiatriche che riguardano il tempo. Questo nemico amico che spesso ci portiamo dietro, rincorriamo, sfuggiamo, che può avere differenti dimensioni a seconda del posto in cui ci troviamo e del nostro stato d'animo.
Tempo che per un ex paziente psichiatrico tenuto in manicomio era rappresentato dal susseguirsi di piccoli eventi, il momento del caffè, il pasto se possiamo chiamarlo così, l'attesa infinita per una cena che non arrivava mai. 
Lo stesso vale per il carcere dove a detta di chi è dentro o ci è stato il tempo si ferma, come una sospensione momentanea. Attenzione qui non si parla di colpevoli o pena da scontare, ma di altro. Ovvero colmare spesso un vuoto, provare a portare le persone attraverso il mezzo teatrale ad aprirsi, cercare di mettersi in gioco uscendo dagli schemi predefiniti che sono presenti in un carcere.
Perché ognuno, al di là dello stigma che può essere sempre in agguato per tutti noi, deve essere visto. 



lunedì 6 novembre 2017 12 vostri commenti

Maggioranza sciolta

Gaber diceva che libertà è partecipazione. Sembra però che gli italiani abbiano deciso di non esercitarlo più questo diritto, anzi  la libertà è proprio quella di non andare a votare. Confesso che se si votasse domani potrei essere uno di quelli.
Un dato che emerge ancora una volta dopo questo giro di elezioni amministrative e regionali, ad Ostia vota il 36,5% e in Sicilia per le regionali il 46,7%. 
Ora gli unici che sembrano non prendere minimamente in considerazione questo dato sono proprio i politici che esultano come se avessero vinto dopo un plebiscito. 
Qualcuno dirà che chi non vota non ha diritto di parlare, non credo si possa più cavalcare questa considerazione, anzi bisognerebbe provare a capire come mai più della metà delle persone non vota nemmeno quei partiti che dicono di essere fuori dalla "comune politica". In parte è vero che la mancanza di partecipazione spesso si deve anche al non interessarsi delle questioni comuni, lo vediamo anche sui posti di lavoro dove il fare comunità sembra ormai un'utopia. Ma può essere solo questo?
La realtà dei fatti alla fine ci fa ritrovare con Renzi che come l'omino della Duracell continua a andare avanti nonostante ci sia un muro, CasaPound che tra un investimento e l'altro dice di volere entrare in Parlamento, Silvio rinato nel suo splendore plastificato, Salvini e la destra che pur di mettere un piede al governo di ogni cosa farebbero un alleanza anche col mostro di Lockness e i grillini che sfanculano tutti probabilmente anche quando sono davanti ad uno specchio. 
La domanda è,  quando questo 60-65% deciderà di votare cosa succederà?
Nel frattempo di lavoro si parla sempre meno, ma non diciamolo troppo in giro.
venerdì 27 ottobre 2017 21 vostri commenti

Ritratti nel tempo



I compleanni sono appuntamenti che ricordano lo scorrere del tempo assieme a qualche amica ruga che cresce insieme a noi con la quale abbiamo ormai un appuntamento fisso davanti allo specchio ogni mattina. 
Il mio è con quelle che fin dai tempi delle elementari ho sulla fronte, perché nonostante i buoni propositi, penso, mi preoccupo e mi arrabbio troppo, spesso inutilmente.
Sono segni, compagni di viaggio che ci ricordano ogni nostra espressione di felicità, di rabbia o di preoccupazione. Piccoli percorsi tracciati sulla faccia che ci riportano a situazioni, persone incontrate e lasciate, errori o scelte difficili da prendere, cose dette di troppo o non dette, passi fatti o non fatti attraverso le porte scorrevoli che abbiamo incontrato. 
La cosa importante è cercare di non apparire e provare ad essere, ponendosi anche all'ascolto e mai su un piedistallo, lasciando perdere come gli altri ci ritraggono.
E' dal 25 ottobre di 42 anni fa che cerco di farlo, con sempre meno filtri, e ora  anche di trasmetterlo ad una creatura di 90 centimetri circa.
Si fa quel che si può.
lunedì 23 ottobre 2017 25 vostri commenti

Scatole vuote ma autonome

Diversi milioni di euro.
Ecco basterebbe fermarsi qui per capire quanto fa girare le scatole una spesa del genere per due referendum che si potevano evitare visto che esiste già una strada legislativa da percorrere in caso di richiesta di autonomia. 
La cosa che però di più spaventa è la via tracciata verso l'azzeramento dei principi di solidarietà,. Viviamo in un periodo in cui i muri sono all'ordine del giorno e chi sta bene, o meglio, non ci pensa nemmeno a condividere ciò che ha.
Spesso è fumo negli occhi da buttare in faccia alla gente. Autonomia non è sinonimo di funzionamento, di risparmio e di efficienza. Ultimamente badiamo sempre di più al contorno e sempre meno al contenuto o alla capacità di chi fa determinate leggi. 
Prendiamo ad esempio il nostro Sistema Sanitario Nazionale, invidiato negli anni e poi lacerato, nato il 23 dicembre del 1978. Al governo c'era Andreotti sostenuto da un monocolore democristiano. Fatevi un giro adesso nelle Regioni, venite a vedere cosa sta facendo Regione Liguria alla Sanità, non è autonoma vero ma molte delle competenze di quel settore dipendono già dai governatori. Tagli alle riabilitazioni per disabili e psichiatrici, pronto soccorso che sopravvive facendo aspettare le persone all'infinito, un disegno politico per spostare l'asse verso la privatizzazione.
Guardare il dito mentre dietro sta succedendo di tutto non ci porterà a nulla, è assurdo non capire che referendum come questi suonano più come eventi di campagna elettorale a spese della comunità. Poi la persone hanno votato, evviva quindi la democrazia. Ma i contenuti non cambiano.
Alla fine è sempre una questione di soldi.
lunedì 2 ottobre 2017 24 vostri commenti

Sangre

Le immagini che arrivano dalla Catalogna sono un pugno nello stomaco, non molto distanti da ciò che abbiamo visto a Genova nel 2001. Violenza contro tutti, anziani trascinati via colpiti in testa più volte, sanguinanti. Scene che indignano, che provocano brividi lungo la schiena e rabbia tanta rabbia per delle divise che ancora una volta commettono atti indegni.
L'affare Catalogna non è una questione di questi ultimi anni ma ha radici lontane, quindi difficile davvero limitarla ad un semplice commento. Necessiterebbe credo di molte riflessioni. Il mio modo di pensare, i miei valori e ideali, mi portano a non amare i confini, le divisioni e i muri. Sono lontano anni luce da chi ha una spinta indipendentista. Sono convinto però che stiamo assistendo  ad una massima espressione dell'arroganza del potere che sceglie spesso, sempre, la strada della violenza invece di parlare, dialogare, cercare di capire le ragioni di chi scende in piazza.
La mia paura è che la maggior parte delle persone scese in piazza pur credendo davvero nell'essere "catalani" sia stata spinta da cattivi maestri interessati solamente alla questione economica. Purtroppo ormai la maggior parte delle scelte politiche e delle decisioni hanno le loro basi nel non volere spendere soldi per gli altri, dal tenersi le proprie risorse. La Catalogna è la nazione più ricca della Spagna con un’industria più sviluppata, 609mila imprese attive e un Pil di oltre 200 miliardi di euro paragonabile ai paesi come la Finlandia o il Portogallo. 
Davvero un'argomento spinoso, difficile, che si muove sul confine tra la libertà dell'individuo di decidere e la solidarietà tra i popoli. 
Ciò che sicuramente viene fuori da queste ultime vicende è un Europa, e in questo caso una nazione, che tende a dividersi, dove le ragioni nazionaliste spesso sono supportate dal denaro. 
Manganelli, muri, divisioni e soldi.
Buio.

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