Oggi ho accompagnato Greta in moto a scuola. Non è la prima volta che vado io, ma la prima in moto e in un orario leggermente anticipato.
La cosa che più mi colpisce è la frenesia dei genitori nel lasciare i bambini, comprensibile sia chiaro, si deve entrare al lavoro, timbrare il cartellino. Tutto ovvio. Qualche bimbo che piange che viene trascinato dentro scuola, succede anche questo chiaramente, nulla di nuovo.
Greta di solito entra sorridente senza alcun problema, stamattina invece voleva la mamma con qualche lacrima che iniziava a scendere. Stavo per forzarla e poi mi sono guardato attorno, la frenesia, le fretta. Ho detto no. Non va bene, arriverò in ritardo al lavoro non importa. Ci siamo messi da parte su una panchina e abbiamo parlato per cinque minuti. Si è tranquillizzata, voleva solo questo.
Tornando verso la moto mi sono chiesto se davvero ha senso vivere nella frenesia. Lo so dobbiamo lavorare, non discuto. Ma forse stiamo dimenticando alcune cose importanti, prendersi il tempo per fare, per stare, per parlare. Esserci veramente in un momento. Esserci con i nostri figli.
Spesso purtroppo non è possibile. Questa è una società che non guarda in faccia nessuno, che spinge la gente a ritmi insostenibili, con il pensiero alla bolletta, al conto corrente che scende in picchiata, alle tasse, al lavoro che incombe o che purtroppo non c'è. Rincorriamo la lancetta dell'orologio e spesso la superiamo senza nemmeno accorgercene.
Mi siederò spesso su quella panchina, metterò da parte quell'orologio e ascolterò.
Il resto può aspettare.