martedì 23 febbraio 2016 10 vostri commenti

A Parma l'impossibile diventa possibile


«L'importante è che abbiamo dimostrato che l'impossibile può diventare possibile. Dieci, quindici, venti anni addietro era impensabile che il manicomio potesse essere distrutto. D'altronde, potrà accadere che i manicomi torneranno ad essere chiusi e più chiusi ancora di prima, io non lo so! Ma, in tutti i modi, abbiamo dimostrato che si può assistere il folle in altra maniera, e questa testimonianza è fondamentale. Non credo che essere riusciti a condurre una azione come la nostra sia una vittoria definitiva. L'importante è un'altra cosa, è sapere ciò che si può fare. E' quello che ho già detto mille volte: noi, nella nostra debolezza, in questa minoranza che siamo, non possiamo vincere. E' il potere che vince sempre; noi possiamo al massimo convincere. Nel momento in cui convinciamo, noi vinciamo, cioè determiniamo una situazione di trasformazione difficile da recuperare.»
Franco Basaglia, Conferenze brasiliane 1979

Ecco noi domani cercheremo di convincere Parma portando in scena alle ore 21 al Nuovo Teatro Pezzani lo spettacolo "L'altra bellezza". Se siete in zona fate un passo così potrete farvi un'idea di quello che facciamo e cosa nasce dai nostri laboratori teatrali che la Regione Liguria ha deciso di non finanziare tagliando 20mila euro. 
Per questo motivo partiamo per far conoscere anche fuori dalla Liguria il nostro teatro con tutte le difficoltà del momento che potete immaginare, ma non ci arrendiamo e andiamo avanti chiedendo anche a chi può di sostenerci con una piccola donazione andando su 


l'impossibile spesso può diventare possibile.
domenica 21 febbraio 2016 2 vostri commenti

Costruire strade anche quando non ci sono

Lo so, starete pensando... basta con questi post sul teatro sociale, ma vi avevo avvertito che sarebbe andata così. Casomai prendetevela con Regione Liguria che ci ha tagliato completamente i fondi. Quindi portate pazienza ma ne varrà la pena arrivare fino alla fine del post.
Spesso mi capita di dover spiegare che cosa facciamo nei nostri laboratori, che cosa vuol dire teatro sociale. In questi anni ho letto parecchi libri ma non ho mai trovato parole migliori come quelle di Anna Solaro, educatrice-attrice-regista e una delle anime del Teatro dell'Ortica.

"Sabato mattina c'è stata su in carcere a Pontex la prima prova comune con i cittadini liberi in vista dello spettacolo del 6 aprile all'Archivolto.
È andata molto bene. 
Quello su cui vado sempre più riflettendo è la scelta metodologica del lavoro di teatro sociale volta al mettere insieme, all'integrare.
Il gruppo delle donne su a PonteX nel lavoro fino ad oggi ha portato insieme alla voglia di fare e alle risorse, tutte le criticitá e le sofferenze che coincidono con una detenzione.
Io per la formazione del gruppo non faccio casting. Per scelta.
Accolgo chi ha giá lavorato con me, chi fa domandina, chi mi viene inviato perché si trova in una particolare situazione di bisogno.
E questo perchè se il teatro è inclusione, nel percorso bisogna imparare a creare le condizioni delle possibilità non della selezione.Poi può accadere che per strada qualcuno si perda e questo sta nell'ordine delle cose.
Ma chi traccia quella strada deve per primo saperci camminare.
E non è semplice. A volte ti pare di sostare nel vuoto, nella dispersione, nell'assenza. Ed é proprio su quello che bisogna camminare. Perchè chi è lì con te conosce solo quello dell'esistenza. E quello non si può bypassare con l'addestramento al copione o al bel movimento. Se si pratica la capacità di aspettare le cose poi vengono e la bellezza è che sono patrimomio dell'altro, non del narcisismo di un regista.
Il regista deve essere contento fino a stupirsi del fatto che l'altro c'é. Ma c'è davvero con una presenza scenica che coincide con quella dell'esistere.
"Anna mi viene da piangere perché siamo in tanti" mi ha detto Jessica prima di lavorare. Uscendo da su anch'io ero commossa perchè davvero eravamo lì in tanti.
Perchè anche quei cittadini liberi fanno esperienza di solidarietà formandosi ad una pratica che non è teoria e tanto meno è il bel gesto o il bello spettacolo.
Ma è la capacità di costruire delle strade anche quando non ci sono.
Ecco il mio teatro sociale.
Fare in modo che ci si sia tutti.
E non per finta"


Ecco se siete arrivati fino in fondo sappiate che questo è anche il mio teatro sociale. 
Quindi se volete darci anche una piccola mano a "costruire strade anche quando non ci sono" andate a questo indirizzo e lasciate anche una piccola donazione

https://www.produzionidalbasso.com/project/storie-di-ordinaria-stranita/
martedì 16 febbraio 2016 16 vostri commenti

All Inclusive, compreso il braccio teso

La matematica non è un'opinione quindi facciamo due conti.
Il ministero dell'Interno ci dice con una nota in bella calligrafia che quelli di "Casapound sono dei bravi ragazzi". So' ragazzi dai!!!
Ora veniamo a sapere che palazzo Chigi si darà da fare per cercare 2 milioni di euro per finanziare il Museo del fascismo. Indovinate dove? Ma a Predappio logicamente. Così il prossimo tour è completo, visita alle spoglie, acquisto della maglietta della XMas e magari anche un piccolo body per il neonato con scritto "Per un mondo più pulito, torna zio Benito".
Ecco. Renzi può continuare a spuntare l'elenco delle cose che nemmeno il Caimano era riuscito a fare.
Avanti con la prossima.
lunedì 15 febbraio 2016 0 vostri commenti

Il desiderio di stare con gli altri


Oggi ce lo spiega Marco cosa vuol dire Teatro Sociale. Le istituzioni dovrebbero ascoltare queste parole, perché quando tagliano una voce dal bilancio regionale, come nel nostro caso, tagliano tutto questo togliendo alle persone la possibilità di "attingere ad un bagaglio formativo" per creare "strategie di relazione" togliendo alle persona la possibilità di "ricucire strappi che connotano chi si rivolge" al teatro sociale che può permettere di rinfocolare "il desiderio di stare con gli altri".
Potete aiutare la realtà del Teatro dell'Ortica di Genova che rischia di sparire anche con una piccola donazione andando su
grazie a tutti.



venerdì 12 febbraio 2016 6 vostri commenti

La speranza


Ancora una pillola di Stranità. Questa volta è Egle che ci parla del teatro sociale e della speranza che in molti riaccende e tiene viva.
Da quando frequento il Teatro dell'Ortica e in particolare il gruppo Stranità ho imparato molte cose, una su tutte però la tengo stretta. Ascoltare.
Teniamo viva la speranza sostenendo il Teatro dell'Ortica di Genova, una piccola donazione su 
mercoledì 10 febbraio 2016 4 vostri commenti

Puoi cadere e poi andare oltre


Ho sentito dal vivo queste parole, dette sul palco del Teatro dell'Ortica. Ancora adesso, riascoltandole, mi vengono i brividi e suscitano in me profonde emozioni. Vi invito davvero ad ascoltarle perché fanno bene al cuore, ti rimettono in carreggiata.
Rami parla del Teatro Sociale, del significato che ha per lui. Lo definisce spazio fondamentale di libertà, una cosa che diamo troppo per scontata ultimamente. Fa l'esempio di una vite storta che è in tensione verso la luce, una sospensione nell'ignoto che viene fatto passare in un contesto protetto come quello del Teatro Sociale e dei laboratori che si fanno al Teatro dell'Ortica di Genova.
Le parole di Rami andrebbero lette, rilette e poi condivise in una società dove non ti è permesso di cadere, dove quando sei a terra la gente in molti casi passa dritta e ti guarda storto, dove regna lo stigma. In questo spazio libero puoi cadere, è giusto cadere, ma poi assieme ci si rialza andando oltre.
Credo sia davvero giusto sostenere il laboratori di teatro sociale del teatro dell'Ortica che si occupano di psichiatria, carcere e donne vittime di violenza e rischiano di sparire per i tagli della Regione Liguria, basta andare su


Andiamo oltre.

lunedì 8 febbraio 2016 2 vostri commenti

Parole che non rientrano nei bilanci


Danilo è un attore di Stranità. Le sue parole tengono incollata l'attenzione verso il palco quando recita perché si tratta di storie vissute, raccontate senza filtri e con una forma narrativa da fare invidia, messe in scena poi splendidamente dalla compagnia Stranità del Teatro dell'Ortica di Genova composta da pazienti, operatori, attori e cittadini.
Fare questo significa fare Teatro Sociale, dare spazio a quelli che spesso non lo hanno, che spesso vengono dimenticati.
La Regione Liguria ha deciso che tutto questo non merita di entrare nel bilancio di un'istituzione. 20mila euro che in questi ultimi anni sono serviti ad organizzare i laboratori teatrali con i pazienti psichiatrici, con le detenute del carcere e con le donne vittime di violenza. Pochi soldi che in alcuni casi non sono bastati, ora sono stati addirittura azzerati.
Per questo motivo ci siamo rivolti alla cittadinanza per salvare il Teatro Sociale a Genova.
Per farlo basta andare su https://www.produzionidalbasso.com/project/storie-di-ordinaria-stranita/  e lasciare anche una piccola donazione. Il nostro progetto si chiama Storie di ordinaria stranità.
Non molliamo.
lunedì 1 febbraio 2016 8 vostri commenti

Sosteniamo il Teatro Sociale


"Il Teatro Sociale è un teatro un po’ osteggiato. Eppure la radice che sta sotto terra è all’oscurità, ma è la base per la fioritura dei rami e delle foglie. Nietzsche diceva…

Un albero, per toccare il Cielo, deve sprofondare le sue radici all’Inferno…

Il Teatro Sociale è così. Tocca sia l’Inferno che il Cielo. Ci unisce. Perché averne paura? Ve lo dice un matto come me. Vedere spettacoli di Teatro Sociale non vi spiacerà. Parola di un “nessuno”. Essere nessuno ha i suoi vantaggi. La folla si stupisce dei nessuno. Forse perché, per un istante, si ricorda che nasciamo tutti come dei nessuno."

Queste sono le parole di Danilo uno degli attori di Stranità, una compagnia del Teatro dell'Ortica, un gruppo integrato, operatori, pazienti psichiatrici, educatori, attori e semplici cittadini che ogni mercoledì mattina si incontrano per partecipare ad un laboratorio teatrale dal quale nascono i nostri spettacoli.
Stranita è uno dei progetti, assieme al quello del TeatroCarcere e della "Violenza sulle donne", che rischiano di scomparire, perché Regione Liguria ha deciso di non finanziare i 20mila euro che ogni anno aiutavano ad andare avanti con questi progetti.
Ieri abbiamo manifestato con un corteo artistico per le strade di Genova, poi come al solito la parola è andata alle persona che vivono il teatro sociale.
Oggi vi chiedo di darci una mano e di condividere il nostro PROGETTO DI RACCOLTA FONDI. Lo potete trovare a questo link https://www.produzionidalbasso.com/project/storie-di-ordinaria-stranita/ sotto il nome "Storie di ordinaria Stranità".
Abbiamo 60 giorni di tempo per raccogliere il più possibile. In questi giorni, vi chiedo scusa, ma sarò un po' monotematico, parlerò di psichiatria e teatro, di Opg, di storie vissute e raccontate.
Se potete fate girare anche il nostro hashtag della campagna #StorieDiOrdinariaStranità.
Vi dico grazie a prescindere.
venerdì 29 gennaio 2016 12 vostri commenti

Storie di ordinaria e straordinari re-esistenza


Ci eravamo lasciati con la brutta notizia dei tagli che Regione Liguria ha deliberato creando enormi difficoltà al  Teatro dell'Ortica, e non solo, col quale collaboro e che si occupa di teatro sociale. Laboratori e spettacoli con detenuti e bambini delle scuole elementari e medie, pazienti psichiatrici con operatori, attori e cittadinanza, ragazzi down e donne che subiscono violenze.
Purtroppo dal punto di vista dei finanziamenti non ci sono buone notizie, la Regione non ha aperto le casse e i 20mila euro che sarebbero serviti per i laboratori non ci sono. La città sta rispondendo, abbiamo avuto tantissimi attestati di stima e condivisione del nostro problema. Alcuni operatori della salute mentale hanno raccolto per noi 770 euro un gesto meraviglioso, che ci ha commosso. La settimana scorsa in una SOMS abbiamo fatto una cena solidale per raccolta fondi raggiungendo 1500 euro.
Non ci arrendiamo. Vogliamo andare avanti e garantire i LABORATORI TEATRALI. Per questo motivo DOMENICA 31 GENNAIO faremo un corteo artistico che partirà da Piazza Raibetta (in fondo a San Lorenzo) alle ore 17.30 per raggiungere Palazzo Ducale dove si terrà un incontro sul TEATRO SOCIALE, per parlare della sua importanza, del suo valore che rappresenta, "Storie di ordinaria e straordinaria re-esistenza". Oggi di noi parla anche Repubblica.
Domenica ci saranno interventi degli addetti ai lavori, di chi partecipa ai laboratori, alternati   a pezzi teatrali tratti dall'ultimo spettacolo "L'ALTRA BELLEZZA" che abbiamo messo in scena al teatro della Corte.
Lanceremo anche la campagna di raccolta fondi tramite piattaforma crowdfunding Produzioni dal Basso di cui poi vi parlerò.
Se passate dalle nostre parti domenica non tiratevi indietro, vi aspettiamo, nel caso vestitevi di nero, il perché lo capirete.
mercoledì 27 gennaio 2016 12 vostri commenti

Tute blu

Ho ancora ben presente quel ricordo. Quelle parole di mia madre, "Fate piano perché papà dorme". Quando ero piccolo forse non capivo totalmente. Non capivo perché papà a volte dovesse dormire di giorno. Ricordo la sua entrata in casa magari alla mattina presto e quel nostro, mio e di mio fratello, andare a giocare proprio davanti alla sua camera mentre cercava di dormire.
Mio padre ora è in pensione, era un operaio Italsider. Uno di quelli che si faceva chilometri a piedi e in autobus, non abbiamo mai avuto la macchina, per entrare in turno. Uno di quelli con la tuta blu tatuata addosso, che ancora abbiamo a casa, che scendevano in piazza per il collettivo.
Oggi Genova è ancora una volta vicino ai suoi operai, quelli rimasti, alle sue fabbriche che sono state abbandonate dallo Stato italiano, svendute prima, illuse poi.
In questi giorni nelle nostre strade stanno sfilando le tute blu con il consenso, a parte qualcuno, dei concittadini. Oggi la polizia ha fermato il corteo per non farlo andare in centro, perché manifestare da ancora fastidio. Due schieramenti uno di fronte all'altro, padri e madri di famiglia contro. Poi una poliziotta si è tolta il casco per dare la mano ad un operaio, forse un gesto spontaneo.
Le proteste di questi giorni hanno ottenuto un incontro alla presenza di un sottosegretario del governo, Renzi probabilmente sarà in giro a fare battute poi lui non può apparire quando si tratta di cose negative. Vedremo come andrà a finire. 
Noi a Genova la tuta no ce la togliamo, questo deve essere chiaro.
venerdì 22 gennaio 2016 20 vostri commenti

Vista sull'alluvione


Spesso ce la prendiamo con le istituzioni, con i politici, con le amministrazioni. Poi succedono cose che dovrebbero far riflettere, che fanno capire che il problema a volte sta anche alla base.
Come sapete Genova ogni anno, sto toccando ferro, ha la sua alluvione. Quei morti sono ancora nei nostri pensieri, vite che sono state portate via in pochi minuti. Danni che non potranno mai essere risarciti.
Ultimamente pare che la soluzione, o almeno una parte, del problema possa essere la costruzione di uno scolmatore per il famoso, purtroppo, torrente Fereggiano. Una struttura che stanno costruendo in Corso Italia, per chi conosce Genova la promenade con vista sul mare, quartiere diciamo così di "ricchi", persone che stanno bene, a volte anche "non genovesi" che si fanno vedere ogni tanto con la casetta a due passi dal mare.
Fin qua semplice cronaca. 
Peccato che 9 famiglie, anzi 8 perché una si è ritirata, hanno pensato bene di fare un ricorso contro la copertura del cantiere dello scolmatore perché secondo loro danneggia l'immagine, definita "uno sfregio al paesaggio".
Nessuno vuole togliere il diritto di fare un ricorso, ci mancherebbe, quindi il movimento 5 stelle di Genova può stare tranquillo. Ma mi domando come si possa minimamente pensare di provare a bloccare la costruzione di una struttura che potrebbe essere utile alla causa di tutti per questioni di "bellezza".
Non mi piace ragionare in termini di classi, che esistono ancora sia chiaro, ma qui sembra davvero di avere a che fare con quelli che vivono in una palla di vetro.
Per noi che viviamo con gli allerta ogni volta che piove, meglio avere l'occhio infastidito da una bruttura architettonica, tra l'altro temporanea perché sparirà una volta finiti i lavori, piuttosto che svegliarsi con un metro di acqua in casa.
Noi negli ultimi anni quando parlavamo di vista intendevamo l'immagine in alto... sotto tutta quell'acqua c'è via Fereggiano e purtroppo delle vite.
Ma spesso il termine collettività non si riesce proprio a capire.
mercoledì 20 gennaio 2016 25 vostri commenti

Tic Tac

E con oggi sono 365 giorni senza sigarette, senza quel gesto che ultimamente era diventato troppo naturale. Una conseguenza automatica, un virgola tra le parole caffè e pausa. Non fumavo troppo, passavo anche qualche giorno senza accenderne una, facendone altri invece, quelli più intensi, con la sigaretta in mano.
In realtà non volevo scrivere di questo, ma si sa la natura umana ogni tanto ha bisogno di compiacersi e di condividere i traguardi, se tali sono, con gli altri. 
Oggi volevo dare ragione ad un amico, Carlo, che nel suo blog ci mette in guardia. Da che cosa? Dal silenzio, dal "lasciamo perdere". Quell'atmosfera che purtroppo accompagna spesso i governi che si dicono di centro sinistra (non dico nemmeno più sinistra).
In passato quando al governo c'era lui, sapete chi, i post  intasavano la rete, anatemi contro l'imbonitore di folle. Adesso effettivamente troppo silenzio.
Pensare che il non eletto di Firenze ha portato a termine il lavoro del compare di Arcore, ha modificato leggi contro le quali quelli che ora le votano in parlamento erano scesi in piazza.
Già le piazze... quelle che non occupiamo più, che abbiamo occupato troppo poco in passato, che abbiamo lasciato ad altri.
Carlo ha ragione, dobbiamo riappropriarci degli spazi, occuparli, non lasciarli e non mollare. Io per primo che in questi mesi, per troppe cose, ho scritto meno.
Ora una sigaretta ci vorrebbe ma in tasca ho solo Tic Tac, un po' come il tempo che corre e che noi dobbiamo cavalcare.
lunedì 11 gennaio 2016 4 vostri commenti

Starman

Ci sono personaggi che ai nostri occhi sembrano eterni, parte della nostra vita passata e presente, che diamo per scontato. Artisti che hanno creato pezzi musicali diventati colonna sonora della nostra quotidianità.
Ieri sera ho rivisto il tributo a Freddy Mercury del 1992. Per un attimo sono stato catapultato negli anni 90, nella mia adolescenza, quando consumavamo le cassette e i cd erano una conquista per pochi, quando aspettavamo Superclassifica Show per sapere chi era il primo del momento. 
Lo stadio di Wembley completamente pieno, composto, una marea di mani che si alzavano per tenere il ritmo dei pezzi che venivano interpretati sul palco dai Metallica, Seal, Lisa Stanfield, George Michael, Lisa Minelli, Extreme, Def Leopard, Zucchero, Annie Lennox, Guns 'N Roses e molti altri tra cui il "Duca" David Bowie.
La notizia di oggi ci riporta alla dura realtà della vita, ma la musica va oltre, non si ferma come le stelle.


venerdì 1 gennaio 2016 10 vostri commenti

Punto e a capo

Il primo giorno dell'anno ha sempre un fascino particolare. Una vena di tristezza ma anche una sorta di punto e a capo per ripartire. Vero è questo è solamente un punti di vista di noi uomini che crediamo di poter dare una svolta grazie a delle scadenze stabilite. Dal prossimo anno niente dolci, niente sigarette, niente spese pazze e via di seguito. Il tempo alla fine è uno solo.
Non amo particolarmente il capodanno ma l'ho sempre festeggiato, non mi piace la piazza, possibilmente se riesco mi bastano degli amici cari, una tavola abbastanza imbandita, del buon vino, qualche sigaretta (una vola ora è quasi un anno che non ne tocco una), magari una chitarra e il gioco è fatto.
I migliori capodanno comunque rimangono quelli di una volta, quando tutta la famiglia era riunita. Antipasti infiniti, primi e secondi e vi risparmio il resto. Il bello era lo stare insieme, grandi e piccoli che non aspettavano altro. Quando eravamo più piccoli ricordo che passavamo dal cantare in genovese al classico mercante in fiera, tombola e sette e mezzo. Fino alle 4 del mattino e oltre. Tre o quattro generazioni che si divertivano.
Ora forse festeggiamo talmente tanto, mangiando e bevendo che il capodanno sembra solamente l'ennesima tappa di una festa continua.
A prescindere da tutto questo, e dalla vena un po' malinconica, vi auguro un felice 2016. Il vecchio io  lo voglio proprio mettere da parte, purtroppo mi ricorderà per sempre la perdita di due persone meravigliose.
Questa è la vita si dice, è così.
Quindi punto e a capo.

giovedì 24 dicembre 2015 20 vostri commenti

Stranalbero

E' vero è consumismo il Natale. E' vero spesso senti della gente al telefono che non incontri mai durante l'anno. E' vero ti arrivano messaggi con numeri non registrati in rubrica con i classici auguri ai quali si risponde con un predefinito. E' vero in alcuni casi arrivano dei regali imbarazzanti, tipo maglione con le renne.
Però il Natale a me piace, non so che farci. Probabilmente è il retaggio del passato, la tradizione che abbiamo sempre avuto in famiglia. Mio padre, comunista, che tira giù dei cristi mentre fa il cielo del presepe perché non sta su. Mia madre che circa un mese prima inizia a chiedere cosa mettere nel menù in formato gigante. Mia nonna che si mangia 50 ravioli con il touccu alla genovese.
Ho ancora in mente quando io e mio fratello andavamo a letto la sera del 24 con l'ansia per un uomo che da lì a poco sarebbe passato da un camino, che non avevamo, o da una finestra, sempre chiusa, per portarci i regali.
Era una magia. Ci alzavamo alle 4 per vedere i regali e non c'erano... poi alle 5 e non c'erano... poi alle 7 come per magia erano tutti in fila nella sala sotto l'albero.
Per non parlare di quell'anno in cui mio fratello aveva scoperto che papà e mamma erano babbo natale andando alla ricerca dei regali in tutta la casa.
Non ricordo quando mi comunicarono la triste notizia, non so la reazione ma sono sopravvissuto.
Però devo dire che ancora adesso, ogni tanto, la sera del 24 un'occhiata magari la vado a dare di là non si sa mai. Poi adesso tocca a me gestire la favola per Greta.
Quindi buone feste a tutti laiche o religiose che siano. 
Per non essere da meno pubblico anche io la foto di un albero di Natale, un po' "strano", uno stranalbero come dice un grande amico scomparso, per ricordare quello che sta succedendo in Liguria a chi tutto l'anno si ricorda degli altri e si vede tagliare i fondi da una regione che invece di portare i doni li toglie ai più deboli.
giovedì 3 dicembre 2015 24 vostri commenti

Come ti cancello il sociale

Da parecchi anni collaboro col Teatro dell'Ortica di Genova. Un teatro sociale, uno di quelli che operano nei quartieri più difficili, che fa laboratorio con pazienti psichiatrici segnalati dalla salute mentale spesso dimenticati dalle istituzioni, laboratori teatrali con i carcerati in collaborazione con scuole elementari e medie per creare spettacoli in cui i detenuti e i bambini recitano assieme. Poi ancora laboratori con i ragazzi down, iniziative per la tutela delle donne che subiscono violenze, oltre alla stagione teatrale ed ai vari corsi di teatroterapia. Un luogo che per molti è una casa.
Ecco tutto questo rischia di sparire. 
Perché?
La domanda andrebbe posta alla Regione Liguria, che ha cancellato in un solo colpo tutti i finanziamenti, stiamo parlando di cifre irrisorie 20mila euro all'anno, che servivano per portare avanti il laboratorio Stranità (psichiatria), quello del carcere e quello sulla violenza sulle donne. Oltre a noi hanno pensato bene di non finanziarie anche un laboratorio interculturale e Music for Peace che si occupa di aiuti umanitari.
Abbiamo domandato perché. Risposte? Zero. O meglio una lettera con 5 righe in numero in cui si dice che "pur riconoscendo la validità dei progetti non si finanziano". Poi porte sbattute in faccia, telefoni che squillano a vuoto, e un assessore Ilaria Cavo, già quella dei plastici di Porta Porta, che si dovrebbe occupare del sociale che tramite i giornali fa sapere che la colpa è di quelli che c'erano prima, che lei ha solamente gestito quello che c'era e dato i soldi ai trasporti per disabili.
Fare una classifica sui bisogni è pericolosissimo, dire  a questi si e a questi no, ci pone ricordi nella mente che fanno rabbrividire. Tutti hanno diritto a questi finanziamenti soprattuto in situazioni in cui i soldi vengono spesi per altro. La sede della Regione Liguria costa parecchi euro all'anno, il signor Toti governatore, quello che pensava che Novi Ligure fosse in Liguria,  pare si stia facendo una nuova sala per il costo di 35mila euro per non parlare della sua auto blu... potrei andare avanti ma evito altrimenti rischio di sembrare grillino.
Noi lotteremo, andremo avanti, stiamo cercando come sempre forme di protesta che si basano sulla creatività sull'uso delle parole che queste persone non ci porteranno mai via. Inoltre stiamo cercando anche metodi di autofinanziamento, persone che magari dall'alto dei loro conti correnti potrebbero dare una mano a dei progetti che alla fine fanno risparmiare soldi alla comunità.
Potete seguire la vicenda tramite il nostro profilo Facebook, se avete da segnalare qualcosa, ogni consiglio è ben accetto.

giovedì 26 novembre 2015 27 vostri commenti

Cerco un posto

Cerco un posto dove non si attacchino le sedi della Caritas lasciando scritte fasciste e razziste, dove non si parli di Ius soli e "nostro sacro suolo natio".
Cerco un posto dove i ragazzi non si suicidano perché spinti ad una perfezione alla quale non possono arrivare.
Cerco un posto dove non ci siano 875milioni di armi in mano ai civili.
Cerco un posto dove non si promettano soldi ai ragazzi per nascondere una politica che se ne frega di loro e che invece gli sta togliendo il futuro.
Cerco un posto dove le attività di un teatro che si occupa di carcere, psichiatria, violenza sulle donne e disabilità non vengano tagliate dalle Regioni.
Cerco un posto dove se hai bisogno di cure non si debba sperare di conoscere "qualcuno".
Cerco un posto dove la scuola non debba elemosinare per poter andare avanti e dove la parola insegnamento venga messa su un piedistallo e sorretta.
Cerco un posto dove la gente usi di più il NOI piuttosto che l'IO.
Cerco un posto dove non ci siano cattivi maestri e alunni fantasma.
Cerco un posto dove si dia spazio alla vita quotidiana delle persone e non che sia una minuscola parte incastrata in ore di lavoro.
Cerco un posto dove la parola comunità abbia ancora un senso.
Cerco un posto dove la nuvola si cerca in cielo e non sullo schermo di un telefonino.
Cerco un posto dove si ritorni a fare la fila per una telefonata.
Cerco un posto dove ci si possa fermare davanti ad un vetrina per leggere la prima pagina di un giornale e non l'ultimo modello di scarpe.
Cerco un posto dove non bisogna scrivere su un tabellone che la velocità sulle strade uccide.
Cerco un posto dove se la vogliono la guerra se la vadano a fare i capi di stato in duello, uno contro uno.
Cerco un posto dove la storia non è quella cosa noiosa da leggere velocemente prima di guardare l'ultima puntata di Xfactor.
Cerco un posto dove non chiudano librerie, giornali e dove ci siano code per entrare in biblioteca non al Black Friday.
Cerco un posto e non con google maps, ma con la cartina che non si sa mai come ripiegare.
Cerco un posto dove a 65 anni non si debba ancora cercare un lavoro per arrivare a fine mese.
Lo cerco e se lo trovo non lo Twitterò, casomai ci si vede al solito posto che ognuno di noi ha nella propria città.

domenica 15 novembre 2015 19 vostri commenti

Due strade

Ho appena finito di scorrere le foto di alcune delle vittime dell'attentato di Parigi. Mi capita spesso di farlo per altri fatti che purtroppo accompagnano la nostra esistenza ma sono più lontani da noi, e quindi per molti inesistenti. Non ho twittato né postato niente sui social perché ritengo la morte un fatto privato talmente doloroso da avvicinare in punta di piedi.
Vite spezzate, sogni, pensieri troncati in una folle serata di violenza. Giovani donne e uomini che hanno visto morire i propri compagni, amici e fidanzati davanti ai proprio occhi. Uomini e donne di tutte le nazionalità e religioni, aggiungerei.
Difficile fare analisi dopo il dolore, ma credo sia giusto ricordarsi che ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, purtroppo, nel mondo viene ucciso qualcuno. La differenza sta nel fatto che spesso è lontano da noi, e spesso non è in occidente.
Due sono le strade che in questo momento il pensiero prende. Il dolore per un fatto privato come è la morte di una persona cara e la perdita di una giovane vita, che indurrebbe solamente a fare silenzio.
Poi la strada del ragionamento su quanto è successo, sugli sciacalli che vivono solamente per twittare pochi secondi dopo per apparire e fare propaganda, su quelli che si ricordano della violenza solamente quando ci sono fatti del genere, su quelli che di solito giocano a Candy Crash invece di leggere e documentarsi ma sono i primi a cambiare profilo su Facebook mettendo la bandiera della Francia, su quelli che ogni volta tirano fuori l'esempio della Fallaci senza aver aperto, probabilmente, un suo libro, su quelli che dicono di "mandare via tutti i mussulmani" senza accorgersi che anche qualche vittima lo era, sui nuovi "nemici" che compaiono per permettere al sopravvivenza di qualcuno, sulle armi che l'occidente e su quelli che riescono anche a chiedere la chiusura di Emergency. 
Poi è buio e dolore per quelle famiglie che hanno perso qualcuno.
Per quelle che ogni giorno perdono qualcuno per colpa dell'odio, della violenza e dell'unico dio che conoscono il denaro.
Per quelle che li perderanno, purtroppo, quando la macchina della guerra sarà troppo difficile da fermare.

lunedì 9 novembre 2015 19 vostri commenti

Più che tagli... copia e incolla.

Oggi mi sono alzato con un pensiero in testa, oltre al sonno incredibile.
Non era questo governo quello che avrebbe dovuto tagliare le spese inutili e gli stipendi delle caste?
Magari mi sbaglio ma mi sembra di ricordare il non eletto fiorentino in giro per il paese, paonazzo, a promettere taglia a destra e a sinistra.
Bene.
Anzi, male. Perché nella legge di stabilità non c'è nulla di tutto questo, la barca italiana con tanto di buchi continua nella sua direzione. Vengono esclusi dai tagli i dirigenti pubblici nominati dalla politica, ma guarda un po', assieme ad altre figure non contrattualizzate come prefetti, diplomatici, docenti universitari, dirigenti degli uffici giudiziari, dell'area della dirigenza medica, delle Città Metropolitane e udite udite... delle Province "adibiti all'esercizio di funzioni fondamentali".
E meno male che dovevano eliminarle le province.
giovedì 5 novembre 2015 21 vostri commenti

Figlio unico

Pare che in Cina a partire da quest'anno si possa di nuovo parlare di fratelli e sorelle.
Già perché dal 1979 è in atto la politica del figlio unico, nome che ci fa venire in mente la peggiore distopia orwelliana.
Una cosa del genere per noi, "abituati" alla democrazia, suona come una follia ma purtroppo si tratta di realtà per alcuni stati che spesso dimentichiamo essere delle dittature.
36 anni di impossibilità di scelta, di famiglia imposta per una decisione così intima e personale che non dovrebbe mai rientrare nelle strategie di un governo.
Storicamente i regimi totalitari hanno sempre amato prendere decisioni al posto dell'individuo, entrare nelle case delle persone, magari giustificando tali provvedimenti per questioni economiche o di stato.
A volte, davvero, avere un fratello o una sorella non è una cosa scontata.

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